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domenica 25 settembre 2011

Il grande sorpasso.

+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

Chi non rimane spiazzato di fronte a questa pagina del vangelo? Come si fa ad accettare una logica del genere? Eppure mai come in questa pagina Gesù parla in maniera chiara, tanto da rendere difficile il compito dell'omelia. Non c'è nulla da spiegare, non si avvertono passaggi esegetici difficili. Allora forse è più immediato il rimando alla vita. Dicevo stamattina alla mia comunità che il fatto di essere insieme, riuniti in assemblea, è il segno evidente che questa voce ci raggiunge ancora, invitandoci a lavorare nella vigna. Gesù, da buon conoscitore del profondo, sa che ognuno di noi è come costituito da due dimensioni: l'istinto e la ragione. Tutte e due le dimensioni sono un dono di Dio, nessuna delle due va censurata. Non sempre l'istinto è qualcosa di negativo e la ragione positiva, e viceversa. Tutto sta a come queste dimensioni costitutive dell'essere sono utilizzate. I due figli rispondono istintivamente al padre, è la risposta più naturale ma non la più umana. Tutti e due si accorgono di questo e decidono, nella propria libertà, una linea da seguire. La vigna altro non è che il Regno, cioè un popolo che avendo incontrato Cristo, si lascia abbracciare da Lui. Lavorare nella vigna allora vuol dire, in ultima analisi, lavorare per se stessi, lavorare per quel luogo che costituisce il mio spazio vitale. Lavorando in obbedienza al Padre in realtà costruiamo giorno per giorno un luogo bello per noi. La vigna ha bisogno di un lavoro feriale, paziente e costante. Non ha bisogno di gente che chiacchera su cosa sarebbe meglio fare, ma di persone disposte a potare, legare, coprire, vendemmiare, vigilare affinché grandinate improvvise e gelo, non danneggino il raccolto. Ognuno importante ed insostituibile nel suo ruolo. Ecco allora la prima domanda che fa emergere questo vangelo: cosa faccio io concretamente per questa vigna? Cosa sono disposto a mettere in gioco per la sua crescita? Aiuto questa crescita giorno per giorno, nella ferialità di un impegno spesso discreto ed invisibile ai più? Ho come l'impressione che, almeno nella nostra realtà ecclesiale, molti sedicenti cristiani pretendono i frutti del raccolto come se fossero dovuti per legge, senza impegnare la propria libertà in questo lavoro. Basta vedere quale è l'approccio della maggioranza ai sacramenti: io voglio sposarmi in chiesa e tu comunità mi devi dare ciò che chiedo. Il dono è diventato pretesa, la religione civile ha sostituito il cammino di fede. Circa l'affermazione di Gesù sulle prostitute e i pubblicani, che nel Regno dei Cieli riusciranno nel grande sorpasso sui sacerdoti e anziani del popolo, è grande il richiamo del papa nell'omelia di oggi in Germania, che ha affermato: "Tradotta nel linguaggio del nostro tempo, l’affermazione potrebbe suonare più o meno così: agnostici, che a motivo della questione su Dio non trovano pace; persone che soffrono a causa dei nostri peccati e hanno desiderio di un cuore puro, sono più vicini al Regno di Dio di quanto lo siano i fedeli di routine, che nella Chiesa vedono ormai soltanto l’apparato, senza che il loro cuore sia toccato dalla fede". Ecco individuata la radice del problema: un cuore toccato o meno dalla fede. Il resto è commento, vana chiacchera da parrucchiera o da salotto televisivo ( scusate ma ho come sottofondo canale cinque che da una buona mezz'ora parla di Marin, Pellegrino e Magnini e che ora propone uno stupido oroscopo circa questo amore andato a farsi benedire).


domenica 18 settembre 2011

Gesù: ovvero l'antiministro dell'economia.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Straordinariamente attuale il vangelo di questa domenica di settembre. Siamo bombardati continuamente da previsioni catastrofiche circa la borsa, la finanza, il debito pubblico. Le manovre economiche si susseguono a distanza di pochi giorni, ma nulla sembra placare le fauci voraci di una economia sempre più mostruosa e disumana. Tra prelievi e condoni, tra aumento dell'IVA e privilegi degli intoccabili ecco che si inserisce Gesù con la sua strana visione delle cose. Un ministro dell'economia, Gesù, destinato a farsi fischiare dietro dai grandi della BCE, dal consesso degli illuminati e, forse, illuministi politici dei nostri giorni. Eppure la sua ricetta ha in se qualcosa di talmente sovversivo da stuzzicare la fantasia, non può non essere presa in considerazione se non altro per la sua apparente assurdità. Ovviamente Gesù qui parla di come funzionano le cose nel Regno dei Cieli e non a Palazzo Chigi, in piazza della Borsa o nelle sedi delle grandi multinazionali. Eppure noi sappiamo che il Regno dei Cieli non è una entità astratta, utopia, un tempo fuori dal tempo che forse verrà al di là della morte. No, anzi il Regno dei Cieli è qui, tra noi, e altro non è che un popolo che ha preso a cuore la prospettiva di Gesù. Il Regno dei Cieli è quella porzione di terra che vive la sua ferialità dentro la grande compagnia di Cristo, compagnia rinnovata e rinnovante, basta andare ai grandi monasteri da Benedetto sino ai nostri giorni per capire cosa vuol dire che il Regno di Dio è tra noi. Allora questa parabola ha da dire delle verità su come funzionano le cose e i rapporti dentro questo Regno.
Un Regno in cui non si da importanza alla quantità di lavoro, dove il dio non è la produzione ma l'uomo e il suo bisogno. Gesù non è ingiusto con chi ha lavorato di più, ma non può negare il necessario anche a chi non ha potuto lavorare dalla prima ora. Ogni uomo è anzitutto bisogno, ha bisogno di un talento per veder garantita la dignità della sua vita e di quella della sua famiglia. I figli dell'operaio dell'ultima ora hanno bisogno di pane e vestiti così come i figli dell'operaio della prima ora. Non a ciascuno secondo il merito ma a tutti secondo il bisogno. Giustamente forse ci scandalizziamo in questi giorni di una politica fatta di escort, di privilegi, di caste, ma forse dovremmo come cristiani scandalizzarci molto di più di questa studiata strategia per ridurre sempre più la classe media, una politica che ha come obiettivo quello di creare una distanza sempre più grande tra ricchi e poveri (dispiace che anche la sinistra più estrema non urli questa scomoda verità nelle piazze). Dovremmo, come cristiani, non stare a guardare sotto le lenzuola di maggioranza ed opposizione, ma guardare a tutte quelle decisioni che tolgono al povero per garantire il ricco e qui si essere severi nel giudizio. Perché se Dio opera in quel modo allora anche noi dobbiamo far nostro il suo metodo.
Dio, attraverso Gesù, ci ha detto che a Lui sta a cuore la classe media. Una politica che non imiti il cuore di Dio, anche se annovera tra i suoi esponenti sedicenti cattolici, è una politica iniqua ed ingiusta.
Ma resta sospesa come a mezz'aria la terribile domanda che Gesù pone alla fine della parabola: "Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?" Forse che tutte le ingiustizie, i soprusi, gli egoismi, l'accaparramento di ricchezze (qualcuno ricorderà le fodere dei divani di Poggiolini pieni di soldi) non hanno qui il loro punto sorgivo? Che cosa c'è di più evidente se non che, pur ricchi e potenti, alcuni hanno bisogno di amori a pagamento perché non riescono a sentirsi amati dall'Amore. Altro non sono che dei poveri disgraziati.