SOS RICOSTRUZIONE.

SE VUOI AIUTARCI A RICOSTRUIRE LA PARROCCHIA QUESTO E' IL CODICE IBAN DEL C/C INTESTATO A "PARROCCHIA SAN MARCIANO" PRESSO LA BANCA POPOLARE DELL'EMILIA ROMAGNA ag. di città n.10



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martedì 28 dicembre 2010

In ogni cosa rendete grazie.

Il giorno di natale sono stato a pranzo presso una famiglia della parrocchia. Ovviamente il discorso è caduto sul terremoto e sulle sue conseguenze. Parlando dei nostri sentimenti più intimi e nascosti ci siamo accorti di una cosa: il terremoto ha fatto una grossa pulizia nella rubrica del telefonino. Amici improvvisamente scomparsi, parenti in fuga... Ovviamente il sentimento era quello della delusione ma poi a ben guardare ci siamo accorti anche dei tantissimi nuovi rapporti che si sono creati grazie proprio al terremoto. Le tendopoli, gli alberghi, i nuovi quartieri, i volontari, le forze dell'ordine, i vigili del fuoco, la stampa: tutte realtà che ci hanno messo in relazione con persone sconosciute sino a quel momento e che si sono rivelate delle belle amicizie. Questo post è per dire grazie a tutti coloro che si sono giocati in questa circostanza e che con la loro presenza e la loro generosità hanno reso più umana e più sopportabile la circostanza del terremoto. Perché se è vero, come purtroppo è vero, che ora il grande rischio è quello di essere dimenticati da tutti, ora che abbiamo più bisogno che mai, è vero anche che un altro grande rischio è quello di dimenticare di ringraziare. La guarigione dei dieci lebbrosi, narrata nel vangelo, insegna come il rischio della non riconoscenza sia sempre in agguato. Se pretendessi di ringraziare i singoli dimenticherei certo qualcuno, forse potrò dimenticare qualcuno anche ringraziando per gruppi di persone, pazienza, chiedo venia. Anzitutto ringrazio gli amici di Tuglie, delle varie associazioni di volontariato, che da subito si sono prodigati, attraverso una colletta, ad un aiuto concreto. Poi la parrocchia di Borgo del Ponte di Massa con il suo parroco don Lorenzo, il coro dei quercioli e il gruppo di musical di Piernicola sempre a Massa, la parrocchia dei Guanelliani di Milano con don Mariolino e don Marco, suor Paola e la fraternità delle Oblate di santa Gianna Beretta Molla, la parrocchia Santa Maria nascente di Milano ed il suo parroco don Carlo Casati, la parrocchia di Villabaldassarri e il suo parroco don Nino, l'Ufficio Scuola del Patriarcato di Venezia, il gruppo FIDAS di Villaverla, la parrocchia di Torno (Como) ed il suo parroco don Alberto. Tutti i volontari che, settimana dopo settimana, si sono avvicendati nella tendopoli di Gignano, volontari dalla Puglia e dall'Emilia Romagna, gruppi caritas, scout e parrocchiali. Ed infine ringrazio il Signore che, donandovi un cuore grande, ha potuto, tramite voi, alleviare le nostre sofferenze. Nel canto del Te Deum di fine anno abiterete la nostra preghiera. Il Signore, che non lascia senza ricompensa colui che offre un bicchiere d'acqua, possa donarvi ciò di cui avete bisogno per essere pienamente uomini e quindi pienamente felici.

sabato 25 dicembre 2010

Notte di natale 2010.




"Non si può restare soli, certe notti qui...".
Questa, Signore Gesù, è proprio una di quelle notti in cui non possiamo restare soli.
Sono troppe le notti che viviamo in solitudine. Questa no! Sono troppe le notti nelle quali "la macchina è calda e dove ti porta decide lei". Sono troppe le notti che non viviamo, troppe le notti in cui ci lasciamo vivere.
Sono le notti di un oblio disperato: notti di alcool, notti di sesso a buon mercato, notti di sballo, notti di fumo e in fumo. Notti in cui soffochiamo il desiderio di infinito con la falsa ebbrezza della velocità, notti nelle quali camminiamo a "fari spenti per vedere se poi è così difficle morire". L'annuncio della tua nascita, Signore Gesù, ci ha messi in cammino e la strada è diventata d'improvviso amica, è diventata il luogo dell'incontro. Quella strada tante volte percorsa in tutta fretta per raggiungere casa, lavoro o chissà cosa o chi, stanotte si è riempita di volti: è questo il primo miracolo della Tua venuta.
Il volto dell'altro, tante volte incontrato, ora mi diventa fratello, il volto dell'altro stanotte mi parla di Te.
Ti ringrazio Signore per il dono della strada e per il volto del fratello. Mi sento meno solo.
Ti prego, Signore, fa che il miracolo di questa notte possa riaccadere in tutte le notti. Donaci la strada ed anche la meta. Donaci una stella che guidi il cammino e gambe forti per arrivare alla meta. Fedeli alla terra con lo sguardo verso l'infinito. Donaci di piantare ben saldi i nostri piedi e, allo stesso tempo, di librare le ali dello sguardo. Abita, Signore Gesù, le nostre notti e non avremo più paura del buio, del freddo, del nulla.
Abita questa grande notte aquilana. Se tu ci sarai il nero che ci avvolge, la tenebra che ci abita, si infrangerà in un prisma, ed un nuovo arcobaleno di colori inonderà il nostro cielo. Con Te, Signore Gesù, la nostra notte sarà sempre e solo il preludio di un nuovo giorno, carico di promessa.
Amen

sabato 18 dicembre 2010

D'urgenza in urgenza

Puntuale ogni anno ritornano le immagini di autostrade interrotte, stazioni ferroviarie in tilt, aeroporti chiusi, voli e treni cancellati, città in panne a causa della "improvvisa nevicata" o della "eccezionale ondata di maltempo". Stamattina dalla mia finestra lo spettacolo era quello della foto, e anche se orami siamo nel pomeriggio, la situazione non è cambiata. Ma si sa, siamo a L'Aquila, dove ci sono 11 mesi di freddo e 1 di fresco. Ogni anno automobilisti arrabbiati si sfogano con i giornalisti che chissà come loro riescono comunque a raggiungere i posti più assurdi. Mi hanno colpito i giudizi taglienti dati, circa la protezione civile, da alcuni automobilisti e pendolari, costretti a stare ore ed ore al freddo in attesa delle promesse bevande calde e di qualche coperta per cercare di sopportare il freddo tagliente. Ovviamente promesse mai mantenute, da quello che hanno dichiarato gli stessi intervistati.
Vi confesso, cari amici del blog, che ho provato sentimenti poco da prete e forse un po' troppo da uomo. Pur provando una incredibile solidarietà per quei poveri sventurati, ho pensato per un attimo: "Meno male che accadono queste cose, meno male che anche altri pagano l'inefficenza di questa grande e perfetta macchina della protezione civile, forse qualcuno si accorgerà delle infinite bugie che sono state dette sulla presunta efficienza dimostrata a L'Aquila". Chiedo scusa per aver pensato questo ma, credetemi, sono sentimenti che emergono quando la tua vita è tenuta sotto scacco, da ben 19 mesi, da questi individui che pensano di risolvere ogni problema con proclami risolutori dallo schermo di un ipertecnologico computer capace solo di seguire la tua agonia secondo dopo secondo.

venerdì 26 novembre 2010

Tu, neve scendi ancor lenta per dare gioia ad ogni cuor...


E' arrivata la prima neve in città con il suo carico di fascino e di poesia. Forse un po' in anticipo rispetto agli altri anni. Ci si sveglia al mattino sperando nell'ordinanza del sindaco circa la chiusura delle scuole, con la voglia di giocare a palle di neve, di correre ed inseguirsi, di fare un enorme pupazzo tutto bianco e gelido. Devo confessarlo cari amici: io la neve non l'ho mai amata molto. Almeno da quando, negli anni ottanta, il mio viceparroco, don Gianni, ebbe la brillante idea di farci trascorrere un giorno sui monti della Sila, in Calabria. Dal caldo Salento, in un giorno di Gennaio, una cinquantina di ragazzi all'assalto della montagna, con ciò che avevamo di più caldo nel guardaroba. Ma chi poteva prevedere quel freddo terribile. Comunque la giornata passò, tra una salita con la ovovia (?), o meglio con qualcosa di arrunginito che vagamente la ricordava, un continuo slittare del pulman su quei tornanti ghiacciati (ma allora incoscienti ridevamo) e un rotolarsi nella neve gelida. Risultato: 60 gocce di novalgina per vincere il mal di testa e alcuni decimi di febbre. Da allora quando vedo la neve mi si fa notte. I tempi di percorrenza si allungano a dismisura, le automobili scivolano pericolosamente con il rischi di sbattere qualcuno fuori strada o essere sbattuti fuori strada. Le catene sempre troppo complicate da montare, e una volta montate trovarsi su una strada già sgombrata dallo spazzaneve e quindi scendere nuovamente per toglierle. Quel fastidioso effetto ottico che crea la neve a chi guida, come di un imbuto con la punta rivolta verso di te e con la sensazione di finirci dentro con un grande "bloog", quel tipico rumore di quando cerchi di versare l'olio in una bottiglia di vetro e che per scendere ha bisogno di quella improvvisa bolla d'aria con conseguente esondazione tutt'intorno (e pensare che far cadere l'olio porta pure male, sarà credo per il suo prezzo elevato). E poi ancora il dolore alla cervicale, i geloni alle mani, le otiti in agguato, i raffreddori dietro l'angolo, e chi più ne ha più ne metta. No, la neve non mi piace.
Ancora più quest'anno. Vedete nessuno lo dice ma ormai gli aiuti piangono miseria, era nell'ordine delle cose in fondo, se poi pensiamo ai proclami dei politici che a L'Aquila è tutto risolto?! Tutto risolto: che frase magica e ... falsa. Difficile dire questo a chi è costretto a celebrare la messa in tenda con le particole surgelate che ti viene da dire "Prendete e mangiatene tutti, ma con calma perché potreste danneggiare i denti" o se hai dimenticato l'acqua nelle ampolline dal giorno prima, non puoi dire, come la liturgia suggerisce, "L'acqua unita al vino sia il segno..." quanto piuttosto "Il ghiaccio unito al vino..." ma in fondo resta comunque un segno vero perché spesso la nostra vita con Cristo è gelida. O, ancora, ai miei bambini e alle loro catechiste che oggi hanno dovuto fare lezione con 4 gradi, pensate che avevo suggerito di iniziare sempre l'incontro di catechesi con un canto, provate voi a suonare la chitarra con quelle temperature e con la perduta sensibilità dei polpastrelli? "Beh scaldala", potreste suggerire. Volentieri se solo avessimo 20 euro l'ora (tanto gasolio infatti è necessario per rendere più sopportabile quel freddo). Si ci sono stati lasciati i carburatori ma non il carburante. Ma in fondo quello che sto dicendo è ancora poco se penso a quei poveri disgraziati del progetto C.A.S.E. di alcune piastre non molto distanti dalla parrocchia, che hanno tempo 3/4 minuti per fare una doccia appena tiepida perché dopo l'acqua calda va via, improvvisamente. Caldaie sottodimensionate è stata la spiegazione ufficiale, sembra lo si sapesse già dall'anno scorso ma siccome non tutti gli appartamenti erano occupati il problema non era stato avvertito. Ma sapete la cosa assurda? Non c'è nessuno in gradi di porre rimedio. Cerco di spiegare la trafila.
In ogni progetto C.A.S.E. ci sono alcuni numeri di riferimento per i problemi. Ce ne uno anche per la manutenzione degli impianti. Qualcuno ha provato a contattarli ma la risposta è stata che di questo tipo di problemi si occupa un'altra ditta con sede a Vicenza. Una lunga e laboriosa ricerca in internet permette di trovare alcuni recapiti di questa ditta la quale apre una segnalazione guasti ma alla seconda telefonata, visto il persistere del problema, dice che il lavoro compete ad una terza ditta con sede a L'Aquila (smile, finalmente). Ulteriore telefonata alla ditta dietro l'angolo e sorpresa: "da agosto non facciamo più questo tipo di interventi, anzi stiamo smantellando le nostre attrezzature".
E pensate che per contratto nessuno è autorizzato a mettere mano su quegli impianti.
Come potrò far cantare a natale: Tu, neve scendi ancor lenta per dare gioia ad ogni cuor.
Come prete mi salvo pensando che già duemiladieci anni fa il mio Signore ha sentito freddo e quindi sono in buona compagnia.

domenica 7 novembre 2010

Dio non è il dio dei morti ma dei viventi (pensieri crepuscolari 1)

A parziale scusante per questa mia lunga latitanza dal blog posso dire che, tra la fine di settembre ed il mese di ottobre, ho percorso circa 6000 km. Ogni chilometro è stato pieno di incontri, volti, sorrisi. L'incontro con la comunità parrocchiale di Torno (Co), con il suo parroco il mitico don Alberto. Un paese sulle rive del lago di Como, benedetto da Dio per la sua incantevole posizione ma soprattutto per il carico di umanità dei suoi abitanti. Un paese dove si festeggia la Madonna del melograno (o della melograna). Ma una comunità che custodisce una preziosa reliquia: uno dei chiodi della croce di Gesù. Don Alberto, nella sua sapienza pastorale, ha deciso di prendere sul serio questa presenza, questo dono della provvidenza, ed ogni anno propone alla comunità un cammino che procede con il passo di uno dei dolori del mondo. E' nata così l'idea della Croce dei dolori del mondo. Quest'anno il loro cammino, la loro preghiera e la loro concreta generosità si sono rivolti a L'Aquila, ed in particolare ai bisogni delle persone che vivono la mia vita, che incontro nel mio ministero. Il frutto della loro generosità mi permette di rispondere ai bisogni di chi bussa alla porta della chiesa, mi permette di rispondere ai bisogni di quella parte del popolo di Dio che vive il tempo della croce. Chi vive a L'Aquila sa come questa croce prende sembianze diverse, non sempre evidenti ma sempre tragiche. Ho potuto così piantare un chiodo su questa Croce dei dolori del mondo, un chiodo che ha il peso di tutte le ferite dei cuori terremotati. Un chiodo che ha dato un senso nuovo al nostro dolore ed un respiro più grande alla preghiera di quella comunità cristiana. Ecco allora che ha ragione Gesù quando ci ricorda che il nostro Dio è il Dio dei viventi e non dei morti. Noi che spesso abbiamo ridotto Dio ad una succursale delle pompe funebri, a colui che prolunga nel tempo i nostri lutti, siamo chiamati ad accorgerci che è la vita, la gioia, la condivisione, la danza, la risurrezione, l'esito ultimo della nostra fede, l'unico contenuto che ha il valore dell'eternità. Mi sono sentito piccolo di fronte a quella croce ed anche di fronte a quel gesto. Chi ero io per lasciare un segno eterno su questa Croce dei dolori del mondo? Il mio in fondo è un piccolo dolore. Ma in quel momento le mie mani avevano la forza dei miei giovani parrocchiani della casa dello studente, dei familiari dell'amico Cora, della signora Spagnoli che ha perduto figlio e nipote, di Luigina, della farmacista mia vicina di casa, di quel giovane all'angolo di via san Marciano e via del Seminario, di tutte le 308 vittime del sisma e di tutte quelle migliaia di vittime in vita che porteranno, indelebili, le ferite del lutto e a volte anche della disperazione. Nei miei occhi passavano veloci i volti di quella notte e di tutte le notti. Tutto questo lì conficcato su quella croce, un unico dolore, quello dell'uomo e quello di Dio. Un unico mistero al quale nemmeno Gesù ha preteso di dare risposta, ma lo ha semplicemente vissuto permettendo a ciascuno di non essere solo con il suo dolore. Grazie amici di Torno per avermi ricordato che solo in questa grande comunione, esito della croce di Cristo, è possibile una autentica liberazione dalla nostra solitudine e dal quel dolore che taglia la vita alla sua radice.

lunedì 27 settembre 2010

Il mercato dei rifiuti.

E' solo una parabola quella che ci narra la fine ingloriosa del ricco epulone, ma non per questo ci lascia tranquilli. Gesù, quando voleva far capire le cose importanti, spesso ricorreva alle parabole in modo da coinvolgere esistenzialmente ogni suo ascoltatore. Di fronte alle parabole ognuno è chiamato a riconoscersi in uno dei protagonisti. Non c'è parabola in cui non sia presente io nel momento che vivo. Non il mio io immaginario ed ideale, ma l'io concreto di questo momento. Per questo non c'è parabola che non sia un giudizio sulla mia vita.
Certo leggendo le cronache di questi giorni non si può certo dire che sia cambiata la gestione dei rifiuti. Nel vangelo erano negate le briciole, oggi quelle stesse briciole, tutto ciò che è rifiuto ed avanzi delle tavole degli epuloni dei nostri tempi, sono oggetto di speculazioni. Anche questi atteggiamenti sono giudicati dal vangelo. Nemmeno la gestione dei rifiuti è fuori dalla nostra fede e di questo dovrebbero accorgersene soprattutto gli amministratori locali, sempre pronti a passeggiare in fascia tricolare dietro le statue dei nostri santi e a presenziare in prima fila alle messe solenni. Ma non possiamo scaricare la colpa sempre sugli altri. Ognuno di noi è chiamato a fare la sua parte. Senza scadere in moralismi sterili o in fioretti impossibili. Il vero peccato non è la ricchezza, se giustamente conquistata, il vero peccato è l'indifferenza verso chi è seduto alla soglia della mia vita e che, con il suo stesso esserci, mendica la mia presenza. Non sempre ci verrà chiesto denaro, anzi quasi mai, non sempre ci verràò chiesto pane, anzi quasi mai. Spesso ci vengono chieste le briciole di una nostra attenzione, di un nostro sguardo, di un nostro sorriso, di un consiglio, le briciole della nostra stima. Una amicizia capace di dare speranza o di sostenerla o anche solo ti tenerla desta. Il vero peccato è questo nostro passare accanto e non voler guardare. Il vero peccato è quando le nostre briciole diventano più importanti dei nostri fratelli.

lunedì 30 agosto 2010

Mi sa che l'asino non era blu!


"...lo sai che il povero parla forte, è una delle sue caratteristiche, una costante storica e
geografica, parla forte da sempre e nel mondo intero, parla tanto più forte in quanto è
circondato da poveri... Il povero ha pareti sottili..."

Non so dire se la contestazione, nel corso del corteo della perdonanza, messa in atto dal
popolo delle carriole, sia stata fuori luogo, come molti hanno detto. Ognuno ha diritto di
contestare e lo fa proprio nei momenti in cui questa può essere sentita forte, può essere
notata. Quello che secondo me emerge è lo stacco, ormai profondo, tra il popolo e la classe
politica, locale e nazionale. Una classe politica chiusa sempre più in una
autoreferenzialità, incapace di ascoltare il grido del povero. Una classe politica lontana
dai reali bisogni e sentimenti della gente, che pensa di risolvere i problemi aumentando a
dismisura decreti e decretini, nominando ulteriori commissari e vicecommissari, in una
macchina burocratica ormai in panne, incapace di risposte vere, concrete, possibili. Molti hanno detto: "non oggi, non durante la pardonanza".
Perché?
Ogni giorno ci sono motivi per rimandare il grido del povero. Lo fanno anche gli apostoli, cercando di mettere al riparo Gesù da tutti gli urlatori inopportuni. Lui però mai ha detto: "Non oggi, non qui".
Lui ha ascoltato ogni grido, a tutti ha dato una risposta, con Gesù il grido di dolore diventava
inno di speranza. "Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto" lo rimprovera la
sorella di Lazzaro, Lui legge, in questo sfogo, il desiderio di vita e di bene e risponde e
risuscita. Noi invece soffochiamo, mettiamo a tacere, usiamo lo forze dell'ordine affinché
nulla possa turbare lo svolgimento di un programma bell'è fatto. Nell'editoriale di un locale tg si metteva in evidenza come coloro che avevano manifestato,
rivendicando per se la Perdonanza, poi non si erano visti in basilica, per vivere pienamante ed
in verità l'essenza della festa. Vorrei chiedere quanti di quelli che hanno sfilato nel
corteo storico, quanti politici ed amministratori, quanti rappresentanti della cosa
pubblica, sempre in prima fila nel palco delle autorità, hanno poi messo piede in basilica
ed hanno vissuto in verità quello che avevano folkloristicamente annunciato nel corteo? Ma
mi rendo conto che così facendo mettiamo dei poveri peccatori contro altri poveri peccatori.
Lasciamo a Dio il giudizio su chi ha attraversato quella porta con tutto il proprio cuore e
su chi invece l'ha attraversata per puro dovere istituzionale. Ad colui che, commentando la messa di chiusura, evidenziava l'esiguità numerica di coloro
che avevano osato manifestare contro i rappresentanti della politica, vorrei dire che Dio ha
una numerazione diversa. Per Dio il singolo, l'uno, è tutto il mondo. Non siamo massa, siamo
invece persone, ognuno pensato da sempre, amato da sempre e per sempre. L'io di ognuno di
noi è unico davanti a Lui. Almeno noi preti amiamo la matematica di Dio e non quella del
mondo.Ma ciò che più mi ha fatto male è una notizia che nessun giornale riporterà mai, e che io ho saputo tramite la testimonianza di un volontario presente alla scena. Il rifiuto, da parte
della scorta di un politico presente alla manifestazione, di far posto al passaggio di un
ambulanza impegnata in una operazione di soccorso. Ecco purtroppo che prende corpo la mia
domanda retorica, fatta alcuni giorni in un altro post di questo blog: "Ma l'asino di
Celestino V era blu?". Forse no visto che anche quest'anno la sua presenza non ha avuto una
corsia preferenziale ma è servita da corteo ai presunti grandi del nostro tempo. E pensare
che proprio il vangelo di oggi ci raccomandava di cambiare la priorità alle nostre
importanze.
La porta santa di Collemaggio è stata chiusa, ora, sì, posso augurare a tutti gli amici del
blog: Buona Perdonanza a tutti, perchè ora inizia la possibilità di vivere quella novità di
vita che san Pietro Celestino ha voluto donare ad ogni uomo, anche ad un solo uomo.

mercoledì 25 agosto 2010

Ma l'asino di Celestino V era blu?

Siamo nei giorni della Perdonanza. Come sempre assenze e presenze suscitano un vespaio di polemiche, spesso sterili e da salotto. In questo clima, poco religioso, si è inserito mons. Molinari con la sua lettera a Celestino, forse estremo tentativo di riportare il dibattito nel suo alveo naturale, che è quello della spiritualità e della misericordia di Dio. Ma come sempre, quando i mezzi di informazione percepiscono la bomba nascosta tra le righe, distorcono la realtà a proprio piacimento, ed usano tutto per dimostrare un loro pre-giudizio, una loro verità. Credo che le parole dell'arcivescovo non siano esenti da questo tentativo. Io personalmente ho apprezzato l'intervento, misurato, di mons. Molinari. Mi permetto solo di porre io alcune domande a San Pietro Celestino, forse più eretiche di quelle a Lui poste dall'arcivescovo. Anzitutto vorrei chiedere a Celestino V:
come è stato il suo ritorno a L'Aquila?
Se nel suo forzato pellegrinaggio per le diocesi dell'Abruzzo e del Molise ha mai sentito nostalgia per il silenzio della sua basilica?
Che tipo di fede ha trovato nelle nostre chiese?
Quale sarà la sua relazione al Padreterno dopo questa visita pastorale?
Essendo stato papa avrebbe suggerimenti da fare all'attuale pontificato?
Condivide le scelte della santa sede sulle nomine episcopali della nostra regione ecclesistica? Anch'egli avrebbe nominato i pastori che ha incontrato?
Allo stato attuale avrebbe donato la Perdonanza alla città e alla municipalità dell'Aquila?
Queste domande riguardano prettamente la vita della chiesa. Ma come uomo che ha avuto a che fare anche con il potere temporale (politico per intenderci), forse potrebbe rispondere anche ad altre domande, quali:
- lui che ha usato un umile asino per farsi incoronare pontefice cosa pensa dello spreco di auto blu e di scorte che vedremo nei prossimi giorni, quando non ci sono soldi per garantire la sopravvivenza dignitosa e serena dei terremotati negli alberghi;
- lui che è stato "usato" dall'imperatore per porre fine alla lotta interna alla chiesa, cosa pensa degli attuali imperatori che invece lo usano, ed usano di Cristo, per attizzare lotte intraecclesiali e giustificare soprusi e baronie, che sposano all'occorrenza presunti valori cattolici e che vivono poi, nella prassi da perfetti pagani (non che questo sia sbagliato, ognuno vive come vuole, ma poi ne tiri le conseguenze);
- lui che, dopo pochi mesi, decide di dimettersi, cosa pensa di sederi così saldamente attaccatti alle poltrone del potere che nemmeno un terribile terremoto riesce a smuovere;
- lui che, in pieno medioevo, riesce a cosruire una magnifica basilica di luce cosa pensa dell'impresa post moderna che invece costruisce angoli di penombra e di buio, piazze di solitudine e templi di disperazione, che lascia morire una città per l'incapacità di pensare un futuro a lunga scadenza e la pochezza di fantasia nell'immediato presente;
- lui, povero tra i poveri, che spreca i suoi soldi e quelli dei templari (a detta di alcuni) per la costruzione di Collemaggio, cosa ne pensa della dottrina, ormai consolidata, almeno qui a L'Aquila, seconda la quale le chiese devono essere l'ultima cosa da ricostruire, se mai ci saranno soldi, tempo e forze necessarie;
- cosa ne pensa di un cristianesimo divenuto hobby, tra una uscita di caccia, un pranzo domenicale negli agriturismi e un tresette la sera con gli amici nella tenda/chiesa;
- lui, costretto alla prigione dorata da Bonifacio VIII, cosa ne pensa degli avvisi di garanzia e degli avvisati del post sisma;
- ed infine vorrei chiedergli: se lo avessero lasciato libero di scegliere, e non lo avessero costretto in un preziosa teca dorata, sarebbe tornato a L'Aquila?
Forse Celestino V, nel tempo risponderà alle mie inopportune domande, o forse no perché in fondo chi sono io per porre simili domande? Perché mai dovrei sentirmi in dovere di ricevere delle risposte? In nome di cosa pretendere il soddisfacimento delle mie perplessità?
Ecco forse la lezione di quest'anno che mi viene da san Pietro Celestino: un po' di umiltà non guasta mai.

martedì 10 agosto 2010

Oggi non si è parlato d'altro, tg, giornali, sms, mail tutti a ricordare che stiamo per vivere la magnifica notte di san Lorenzo. Notte di desideri inespressi e inconfessabili, notte di nasi all'insù, vissute al buio delle periferie affincé le luci artificiali delle città non possano smorzare l'evento tanto atteso. Come ogni anno due cose mi colpiscono:
- in realtà saranno le notti successive a veder comparire il più grande sciame stellare (che strano usare la parola sciame per parlare di un evento non distruttivo);
- in realtà la notte di san Lorenzo è già passata. Se infatti la notte di natale è quella che va dal 24 al 25 dicembre, la notte di capodanno è quella che va dal 31 dicembre al 1 gennaio, la notte della befana è quella tra il 5 e il 6 gennaio... allora la notte di san Lorenzo è quella che va dal 9 al 10 di agosto.
Siamo così poco adusi alla speranza che non sappiamo nemmeno quando è il tempo giusto per desiderare (che bella questa parola oggi, ha in se la radice di stella), per alzare lo sguardo al cielo in attesa di una risposta. Ma forse questa notte ha un altro scopo. Forse la scia di luce che il nostro sguardo riuscirà a catturare ci farà capire come tutto si riduce ad un attimo, come l'attimo è l'unica cosa che veramente ci appartiene. Il passato non è più, il futuro non è ancora: tutto è legato ad un attimo affimero, tutto si gioca in un attimo. Un attimo che, se luminoso, potrà accendere la domanda e la speranza.
Adolescente ho avuto la fortuna di incontrare molti personaggi importanti, uno di questi, fondatore di una comunità di recupero per tossicodipendendi, mi ha lasciato una frase ed una verità che ancora oggi mi ripeto e che stanotte lascio a voi che leggete il blog: "Se vuoi tracciare dritto il solco della tua vita attacca il tuo carro ad una stella".
Quelle stelle cadenti mi piace immaginarle non tanto come le lacrime di san Lorenzo ma le scintille che, dopo aver trapassato il suo corpo ed essere volate verso il cielo, ricadono sulla terra piene di un nuovo significato.
Lorenzo, diacono fatto fuoco, accenda in noi il desiderio di illuminare la notte.

martedì 3 agosto 2010

Notte bianca

Sono mancato alcuni giorni da L'Aquila e, tornando, ho notato una certa euforia collettiva (o almeno come tale fatta passare) riguardo la riuscita della notte bianca a L'Aquila (sabato 31 luglio u.s.). Giornalisti e giornalai, sociologi, politici e politicanti, tutti contenti per la felice riuscita dell'evento, felici di aver visto, o anche solo immaginato, 20.000 persone sciamanti nelle buie e devastate strade del centro. Devo confessare che ogni volta che ho avuto notizia dell'invasione del centro, della violenza perpetrata alla zona rossa, ho sentito un senso di rabbia. Una rabbia inspiegabile, o forse originata dalla consapevolezza che quel centro, per come è adesso, espone le nostre nudità. Finestre rimaste aperte da quella notte, case sventrate, squarci di cielo la dove invece avrebbe dovuto esserci un tetto. Questa nudità messa alla gogna da una utopia falsamente normalizzante che cerca di imbonirci con percorsi che portano verso il nulla più assoluto. Ricordo da bambino un anziano signore, mio vicino di casa, che volendo imparare a guidare il motorino, decise di provarci in un caldo pomeriggio estivo, quando molti si concedevano una meritata siesta; e non solo, per meglio riuscirci, fece la sua prima guida su di una strada in discesa. Lo schianto sulla casa di fronte fu enorme, la morte arrivò sul colpo tanto che i suoi occhi rimasero aperti. Un altro vicino, forse rimbambito per l'improvviso risveglio o magari per aver alzato un po' il gomito durante il pranzo, continuava a schiaffeggiarlo dicendogli: Tranquillo non è nulla.
E' questo secondo me il messaggio che passa dopo e attraverso questi falsi eventi: Noi morti in una città morta e qualcuno (rimbambito) che continua a dire: Tranquilli non è nulla, ci siamo ripresi il centro.
20.000 persone che gironzolano verso il centro della città, senza meta e senza scopo, con una birra in mano per soffocare il dolore del colpo, come una flotta di spermatozoi alla conquista di un ovulo in un utero sterile. E mi vengono in mente le parole di Erri De Luca che riporto: "Mia madre sapeva fare bene la frittata e la parmigiana di melanzane. Io non ne mangerò mai più. E' un modo per onorare la distanza. Perché la distanza la si onora, non la si supera. Ogni giorno è il primo giorno. Per sempre".

domenica 18 luglio 2010

Tu ti affanni e ti agiti per molte cose...

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Parola del Signore

Alcune pagine del vangelo ci sfidano più di altre. Diciamocelo: chi di noi non sente, istintivamente, una simpatia per Marta? In fondo ha ragione. Pensate alla scena: Gesù in cammino e con Lui almeno i Dodici. La casa di Marta e Maria invasa, e arriva il momento del pasto. Marta, stanca e sudata, ad un certo più non ce la fa più e chiede a Gesù di intervenire per spronare Maria alla condivisone del lavoro, o... forse no! Il brano non è molto chiaro su questo punto; forse la sua richiesta soft nasconde la pretesa di mettere a tacere il Signore. "Se tu continui a parlare mia sorella non si schioda dai tuoi piedi, non t'importa della mia fatica, basta chiacchiere. Smettila di parlare", forse questa è la reale intenzione di Marta. E' sempre così, per ognuno di noi, cerchiamo di tacitare la voce del Signore con il nostro darci da fare, la corsa da un posto all'altro, da un impegno all'altro, la paura di momenti di nulla, sono costanti nella vita di ogni giorno. Si soffoca nell'iperattivismo il non senso che tutti ci prende. Si annullano le domande profonde con le tante attività ed hobby. Siamo in un'epoca nella quale si stimano solo i governi del fare, e si banalizza chi invece cerca anzitutto l'essere ed il pensare. Questo pericolo è richiamato da Gesù nel dolce rimprovero che rivolge a Marta. Certo è vero che Maria ha scelto la parte migliore che non le sarà tolta, semplicemente perché quella Parola la abiterà dentro per sempre, nonostante lei. Nessuno potrà più toglierle quello che Dio le ha dato. La Parola di Gesù rende Maria sacramento della sua presenza. Questo accade ad ognuno di noi se solo ci lasciamo conquistare da quello sguardo e dalla Sua presenza. Bene ha tradotto Renato Zero questa pagine di vangelo: "Restiamo ancora qui, attorno al fuoco. Un po' di vino e il tempo passerà. Restiamo ancora uniti, questo silenzio non ci fa paura, Uniti noi, restiamo uniti noi". Sì, restiamo uniti a Lui perché il silenzio non ci spaventi e per avere un dono che, non essendoci stato dato dagli uomini, nessuno mai potrà toglierci.

domenica 27 giugno 2010



+ Dal Vangelo secondo Luca

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».

La strada è la grande protagonista della pagina di vangelo che leggiamo in questa domenica. Gesù cammina e, in questo suo camminare, incontra l'uomo, ogni uomo, qualsiasi sia la sua posizione.
C'è colui che non vuole Gesù tra i piedi, ma Lui non si sdegna, anzi rimprovera aspramente i due discepoli intenzionati a fare giustizia, a sanare, con il fuoco, l'oltraggio e lo smacco subito. Non ha bisogno della nostra difesa d'ufficio il Signore. Arrogante e presuntuoso colui che vuole difendere Dio, colui che fa ricorso alla violenza per lavare l'onta presunta perde di vista la giusta gerarchia delle cose. Il fuoco dal cielo che punisca l'uomo poco accogliente ferma per sempre quell'uomo a quell'attimo della sua vita. Il singolo atto, seppur negativo, inchioda per sempre quell'uomo nel suo errore. Non è questo ciò che vuole Gesù, lui è sempre per la penultima possibilità. Chissà che un giorno quel cuore incapace di accogliere non possa trasformarsi in casa e focolare?
Ma sulla strada c'è anche colui che, entusiasta, promette ciò che poi non sarà in grado di mantenere. Una sequela fatta una volta per tutte è pura utopia, è necessaria la rinnovata fedeltà in ogni istante della vita. Il Gesù di oggi non consola, non ci mette al riparo di un nido o di una tana, ma ci lascia nel dubbio del bivio, nella serie di incroci dei quali è costituita la nostra vita, sempre in cammino, sempre con la bussola in mano, con il cielo per tetto e la terra per letto.
Sulla strada c'è colui che ispira Gesù, c'è un volto che potrebbe servire al Regno, c'è una vita che può essere spesa in modo migliore... a patto di non perdere tempo dietro e dentro quei rapporti tra morti. E' la sequela che rende vivi, è solo il cammino dietro il Vivente che rende vivi i nostri rapporti.
Ed infine c'è colui che è prudente, che si dice disposto a seguire ma differisce la decisione a tempi migliori. Colui che ha a cuore l'economia dell'amore, che decide quando e come investire il cuore, che decide quanto cuore investire. L'aratro è già in opera, il solco non può essere interrotto, il Seminatore ha bisogno urgente di seminare, non c'è tempo per il resto.
Per ognuno Cristo ha una esortazione, un consiglio, un rimprovero, uno sguardo, un cammino, una meta...
O meglio per me Cristo ha una esortazione, un consiglio, un rimprovero, uno sguardo, un cammino, una meta. Cristo è attento a me e ai miei momenti perchè e in me che vive chi non vuole Gesù tra i piedi, in me vive l'entusiasta e il prudente, il vocato e il fuggitivo. Tutti questi uomini sono io, per me Lui cammina, a me Lui guarda, con me desidera colloquiare, per prendere il mio Io e condurlo verso la pienezza della vita.

venerdì 25 giugno 2010

Finalmente fuori.

So che la mia sarà una voce fuori dal coro ma... finalmente siamo fuori dai campionati del mondo. Abbiamo assistito in questi giorni ad un sovradosaggio di palle e palloni, promesse e balletti, fischi e fiaschi. Ora si torna alla vita, a quella di ogni giorno. Finita la ricreazione, tutti di nuovo sui banchi, chi prenderà di mira la signora maestra?
Stamattina un noto telegiornale nazionale, nell'edizione delle 8.00, ha dedicato ben 15 minuti a commentare il disastroso risultato calcistico. Nei giorni scorsi addirittura l'apertura dei vari tg, minzoliniani e non, era dedicata ai mondiali e poi, in secundis (cfr. Il marchese del Grillo)
- alla morte dei dodici giovani in Spagna,
- al referendum a Pomigliano,
- al consiglio comunale straordinario fatto dalla giunta aquilana nella piazza vicino palazzo Chigi,
- alla marea nera che ha devastato le coste americane,
nemmeno un accenno
- della protesta ortaggesca (scusate la licenza poetica ma è per dire il lancio di pomodori, melanzane e quant'altro) presso la sede Rai di viale Mazzini, ad opera della popolazione aquilana per protestare contro l'oscuramento della manifestazione antitasse, che ha visto scendere in strada un popolo intero, ormai ridotto allo stremo e, diciamolo pure, alla fame.
Accenni, flash,
- alla manovra finanziaria e alle proteste delle regioni.
- Toni da commedia alla presa di coscienza da parte di Fini del fatto che la padania è un'invenzione leghista (vorremmo però vedere il seguito di queste esternazioni, fatti e non parole caro Fini è un motto che dovresti conoscere bene) e alla conseguente
- minaccia di Bossi di far marciare i contadini della bergamasca con vanghe, zappe e trattori, contro Roma ladrona e contro l'unità d'Italia.
Si, finalmente, per l'Italia questo campionato è finito... non grideremo più "Forza Italia", e già questo non è poco, ma soprattutto, ogni giorno, potremo chiederci nuovamente: "Con che cosa tenteranno di rinc...uorarci anche oggi?"

domenica 13 giugno 2010

Il valore (ambiguo) dei segni.

C'è una cosa che nel post terremoto faccio ancora fatica a capire: il valore dei segni.
Ogni cosa, nelle nostre chiese, è segno d'altro, rimanda ad un senso ed un significato più profondo. Dalla porta all'altare, dal pavimento al soffitto, dall'acquasantiera al tabernacolo. Tutto è segno di qualcosa di più profondo. Beh il terremoto non ha avuto rispetto di nulla, tutto ha distrutto con la sua potenza. Tutto ciò che avevamo benedetto e consacrato è stato violato. Vengono in mente certe immagini dei salmi che descrivono la distruzione di Gerusalemme e del Tempio. Avevamo ricoperto i nostri segni di una sacralità, forse, eccessiva. Pur consapevoli che può forse contenere Colui che è creatore del cielo e della terra una casa fatta da mani d'uomo? Avevamo dato a queste case/chiese una importanza esagerata.
Tra i segni più densi di significato a L'Aquila abbiamo la Porta Santa, quella porta che, aperta con solennità, nei vespri della vigilia della festa della Decollazione di San Giovanni Battista, viene chiusa con i vespri della stessa festa. Una apertura annuale di 24 ore che vede passare penitenti e curiosi, laici e religiosi, aquilani e non, un popolo commosso e un popolo indifferente, colui che è spinto dal desiderio di perdono e colui che, pur nell'indifferenza religiosa di ogni giorno, sente di dover partecipare ad un rito collettivo. La foto che segue dice bene l'attesa che ogni anno abita il popolo aquilano per questa apertura, segno della straordinaria abbondanza di misericordia di Dio.



Eppure questa Porta nei giorni scorsi è stata violentata per permettere ad alcuni politici di uscire indisturbati dopo l'inaugurazione della ritrovata bellezza della facciata di Collemaggio. Non mi interessa qui sapere i motivi della presenza di Bertolaso, Letta, Chiodi ed affini, visto che comunque si trattava di lavori iniziati molto prima del terremoto e con i quali, sia il governo sia la protezione civile, non avevano nulla a che vedere. Ma, si sa, al fascino delle passerelle è difficile resistere, ogni occasione è buona per diffondere l'immagine di una città che ha risolto tutti i suoi problemi. Mi preoccupa invece come questa apertura straordinaria possa banalizzare, d'ora innanzi, ogni altra apertura. Mi preoccupa, stando alle notizie diffuse dalla stampa, il fatto che la decisione di aprire la Porta Santa come via di fuga sia stata presa dalle forze dell'ordine per evitare incidenti con un gruppo di persone (saranno stati 4/5) che, seppur ad alta voce, manifestavano il loro dissenso. Possibile che la scorta di questi grandi era preoccupata per la voce e i cartelloni di questi pochi elementi? Forse in questa grande banalità che ci circonda, e ci abita un po' tutti, ne ha fatto le spese anche la Porta Santa? Pensando questo ne sono addirittura consolato perché l'ignoranza scusa persino il peccato. Ma purtroppo mi vengono in mente le mani delle mie nonne (non ho avuto la fortuna di conoscere i nonni). Cosa c'entrano le mani delle mie nonne con la Porta Santa? Beh, avendo lavorato la terra ed accarezzato i figli, impastato il pane e la pasta e lavato chili e chili di bucato, avendo sgranato infiniti rosari sono sicuramente, se non più, almeno sante come la porta di Collemaggio. Ma non è per questo che penso alle loro mani, piuttosto le rivedo senza la loro fede di nozze. Strano per queste donne tutte casa e chiesa.


Quando chiesi ad una di loro il motivo di questa assenza mi fu detto che ad un certo punto il regime aveva preteso tutto il loro oro, comprese le fedi nuziali, per far cassa, serviva per cambiarle in armi (l'anti-Isaia per eccellenza) per difendere il paese. Anche qui il potere distrugge e banalizza i segni per esercitare il suo dominio. Pensare che la bolla, e quindi il perdono di san Celestino V, si erano salvati proprio grazie alla furbizia di questo santo eremita che pensa bene di non delegare tutto al potere allora più forte, quello del papato, e consegna copia della sua bolla anche alla municipalità, piccolo Davide di fronte al gigante Golia.

Ed ora non si è trovato nessun piccolo Davide? Se cessasse almeno la miopia della attuale municipalità si potrebbe scorgere un barlume in fondo al tunnel buio che tutti ci sovrasta.

mercoledì 9 giugno 2010

Terremoto all'Aquila: io c'ero. Intervista a don Bruno Tarantino

Terremoto all'Aquila: io c'ero. Intervista a don Bruno Tarantino

Dal dramma alla commedia e viceversa.

Ve lo ricordate quando, da bambini, si trascorrevano pomeriggi interi a giocare con i compagni di quartiere? Il gioco più classico, che univa tutta l'Italia, era sicuramente il Nascondino. Uno stava al muro a contare e tutti gli altri correvano a nascondersi in attesa di salvarsi o di essere sgamati. L'ultimo aveva il potere di salvare tutti oppure, se scoperto, doveva star sotto e contare lui, e così via per ore ed ore... sino a quando qualcuno cercava di fare il furbo. Allora capitava che o si contava in maniera frettolosa, o si saltavano alcune decine, o si contestava d'essere stati scoperti. A quel punto la lite era, inevitabilmente, dietro l'angolo. Si arrivava alle fazioni. "Se sei mio amico allora non devi giocare con loro", di rimando: "se stai con lui sei un imbroglione", "...e allora noi giochiamo per conto nostro", "non vogliamo più giocare con voi", "e io dico dove siete nascosti". Pomeriggio di giochi finito, tutti sconfitti, si rientrava a casa, tra musi lunghi ed imprecazioni contro la stupidità umana, e i genitori che ci davano pure addosso, quasi sempre facendo ricadere la colpa su di noi.
Credo che simile gioco si stia ripetendo in questi giorni a L'Aquila. Dal dramma alla commedia e viceversa. E' di pochi giorni fa il risultato di un sondaggio, promosso da un quotidiano on line locale, che dava Bertolaso al 96% delle preferenze tra gli aquilani come ipotetico punto di riferimento per la ricostruzione ed ora, qualcuno che non aveva più voglia di stare al gioco, ci viene a dire che gli stessi aquilani potrebbero armarsi contro la protezione civile ed i suoi uomini... per questo "...se siete veramente miei amici allora non dovete andare a giocare a L'Aquila". Ma siamo veramente sicuri che un popolo belligerante come quello aquilano ha intenzione di armarsi o siamo di nuovo di fronte al dramma di chi, avendo imbrogliato sulla conta, ora vorrebbe togliersi dal gioco facendo ricadere la colpa su chi semplicemente cerca un rifugio, non per nascondersi ma solo per poter vivere dignitosamente?
Come succedeva da bambini vedo il rientro di tutti a casa tra musi lunghi e speranze, ancora una volta, deluse. Vedo come, ancora una volta, la commedia all'improvviso si trasforma in tragedia, il gioco in dramma. Vedo all'orizzonte un popolo sempre più abbandonato a se stesso e, proprio come succedeva da piccoli, gli adulti che ti danno addosso, infatti già qualcuno ha scritto: "Ma non li avete votati voi nelle recenti elezioni provinciali, ed ora di cosa vi lamentate?"
Appunto, di cosa ci lamentiamo?
Domani tutto sarà dimenticato, si ricomincerà a giocare.
Castigat ridendo mores.

martedì 18 maggio 2010

Miracoli aquilani


Sono tantissimi i miracoli avvenuti a L'Aquila nell'ultimo anno:
- abbiamo finalmente risolto il problema della metropolitana di superficie;
- è più semplice uscire dalla strada che da Coppito porta verso la statale 17, non si rischia più la vita, grazie alla maxirotatoria;
- le periferie si sono ripopolate e stanno riprendendo vita;
- si viaggia gratis negli autobus urbani, sempre comunque vuoti (è come avere a disposizione un grande taxi tutto per noi);
- il contado, per secoli guardato con aria di sufficienza, ha rivendicato la sua dignità;
- l'edilizia conosce un momento di massimo splendore;
- i grandi di tutto il mondo sono venuti e continuano a venire in città;
- abbiamo ben due vescovi;
- è stato risolto il problema abitativo di tutti i terremotati grazie all'azione del governo e all'inazione dell'opposizione, come e dove concretamente vivono(?) gli aquilani, sono dettagli insignificanti;
- a livello politico si sta storicamente realizzando il motto troneggiante sullo stemma cittadino "Immota manet";
- risolto, ma in questi giorni sembrano esserci dei ripensamenti, lo scempio del mercato quotidiano in piazza Duomo;
- risolto il problema della chiusura al traffico del centro storico;
- finalmente i vandali non deturpano più, con le loro scritte oscene, i portici dei quattro cantoni;
- nella scalinata di san Bernardino e nelle edicole laterali non c'è più puzza di pipì, ma la campagna avviata dall'Unità riconsegnerà presto alla loro funzione di bagni pubblici questi luoghi;
- il giro d'Italia passerà anche dall'Aquila;
e ... molti altri sicuramente li sto dimenticando...
Ma l'ultimo miracolo è ancora più bello, perchè solleva tutti gli studenti che, come me, hanno odiato la matematica, dal dubbio ancestrale: "La matematica è un'opinione?" No - rispondevano i nostri professori. Bene adesso, grazie a l'Aquila ed al sondaggio del Capoluogo, si è dimostrato che la matematica è invece un'opinione, e che l'asino non ero io ma il prof. Si cari amici, nel sondaggio su chi preferiresti a l'Aquila per la fase della ricostruzione ben il 96% delle preferenze è andato a Bertolaso, l'ho votato anch'io anche se non è il massimo, l'1% è andato a Chiodi e il 6% a Gabrielli. 94+1+6= 101. Nooooooooooooo, studentelli ignoranti, 94+1+6 a l'Aquila fa 100%. Rimandati di tutta Italia unitevi, con il Capoluogo in mano come fonte, ricorrete al TAR e fatevi reintegrare anche il credito perso per colpa di una matematica antiquata e poco aperta alla novità del giornalismo.

lunedì 3 maggio 2010

Forse un sogno

(Gesù Risorto con i santi Marciano, Nicandro e Daria)

Leggevo in questi giorni un libro che narrava la storia di Esdra e Neemia. Sono i due grandi della storia di Israele che hanno contribuito,al ritorno dall'esilio babilonese, alla ricostruzione del tempio e della città di Gerusalemme. Come sempre la mia fantasia attualizza, partorendo a volte idee che possono sembrare strane e, forse, poco realizzabili. L'anno scorso il Consiglio Pastorale Parrocchiale stava pensando a come festeggiare i santi patroni, ma il terremoto ha fatto saltare tutto (e non solo metaforicamente). La nostra comunità parrocchiale vive ormai in diaspora, chi nei paesi vicini, qualcuno ormai lontano, molti nei nuovi insediamenti. Tuttavia in tutti è presente una grande nostalgia del nostro "quarto aquilano". Perchè allora non rispondere a questa voglia di stare ancora insieme? Il 17 giugno (è un venerdì) ricorre la festa liturgica dei SS. Marciano, Nicandro e Daria. Che ne dite di riprendere in mano il programma interrotto? Nei prossimi giorni mi attiverò a convocare di nuovo il consiglio pastorale per condividere con loro questa idea, per pensare meglio questa iniziativa, per darci la possibilità di un futuro nonostante tutto. Intanto preghiamo il buon Dio affinchè benedica questa voglia di sentirsi, essere e vivere il nostro essere comunità, porzione di chiesa e quindi Corpo di Cristo nella storia e popolo di Dio in cammino, nella speranza, verso la piena comunione e la santità.

mercoledì 7 aprile 2010

Intervista a cura di Oscar Giannino



Cari amici del blog vi segnalo il link sottostante attraverso il quale potete ascoltare l'intervista che il giornalista Oscar Giannino ha curato in occasione dell'anniversario del terremoto. Insieme e me ci sono anche il nuovo presidente della provincia di L'Aquila e il prof. Carlomagno dell'Accademia di Belle Arti dell'Aquila. Per far partire la registrazione cliccare sul triangolino rosso accanto al titolo.
Buon ascolto

http://www.radio24.ilsole24ore.com/main.php?articolo=terremoto-aquila-morti-sfollati-dramma-politica

sabato 3 aprile 2010

Divide et impera

Siamo a quasi un anno dal terremoto. Riporto la tabella ufficiale della popolazione assistita al 1° di aprile u.s. e su questa vorrei fare delle osservazioni.
La prima, evidente, è circa il numero totale delle persone assistite. Dal report risulta un totale di 52.257. Sorge spontanea la domanda: ma se nei giorni immediatamente successivi il terremoto eravamo almeno in 70.000 (per difetto) gli sfollati (cfr Il Centro del 7 aprile 2009) che fine hanno fatto i circa 20.000 che mancano all'appello? Forse che sono tutti morti di morte naturale in quest'anno? O forse hanno deciso di rifarsi una vita altrove? Se questo fosse vero, verrebbero smentiti tutti i proclami fatti dalle amministrazioni locali e nazionali circa il mancato esodo dalla città. Se 20.000 non costituiscono un esodo?! O forse, peggio ancora, ce li siamo persi tra le maglie larghe della burocrazia post-sisma (un autentico colabrodo), dimenticati in qualche roulotte o camper o casa B,C,D,E occupate di nascosto, pur d'avere un tetto in città o nelle sue immediate vicinanze, mettendo in pericolo la vita stessa? O forse, più saggiamente, si tratta di coloro che hanno capito subito che era meglio liberarsi dai vincoli dei vari decreti e de-cretini e sistemarsi da soli alla meno peggio.
Un altro dato che non si può fare a meno di notare. Sommando C.A.S.E e M.A.P abbiamo un totale di 16.695 persone. Verrebbe da dire: tutto questo per nulla. Se pensiamo che la maggior parte dei fondi investiti sono andati proprio per questi progetti che poi hanno risposto al bisogno di meno di un terzo della popolazione allora sorge il dubbio che qualcosa non ha funzionato. Che qualche calcolatrice era infetta da uno strano virus che moltiplicava le uscite (in denaro) diminuendo le entrate (in persone). Rapporto inversamente proporzionale che mai ha trovato applicazione nelle leggi dell'economia, nemmeno nelle associazioni non profit dove si punta almeno al pareggio di bilancio.
E quali drammi dentro ogni casa? Forse non tutti sanno che avere un appartamento o un MAP ti esclude da ogni altro beneficio economico. A cosa serve la casa o il map a chi ha perso il lavoro? Il piccolo artigiano, il libero professionista senza più reddito avrà pure un tetto ma di cosa mangerà? Se non si aiuta l'economia il map o la casa diventano loculo.
Circa 800 sono le persone in caserma (finanza e Campomizzi). Ho visto di tutto in questi mesi. Ho visto la disponibilità e la gentilezza della maggior parte dei camerieri e dei cuochi, del personale della mensa. Lo sforzo di preparare un buon pranzo ed una buona cena (non sono mai andato a colazione) ma ho visto anche signore anziane dalle gambe gonfie salire a fatica le scale che portano alla mensa, ho visto anziani in fila per decine e decine di minuti, con il loro vassoio in mano, traballanti sulle incerte gambe. arrivare al posto con metà della minestra nel piatto a causa del tremore alle mani e della stanchezza. Essendo i locali mensa provvisti di molte barriere architettoniche, ho visto gli stessi anziani fare due volte la fila per poter prendere anche il piatto da asporto (caldo) da portare in camera alle proprie mogli o ai propri mariti incapaci di raggiungere la sala mensa. Ho sentito il rumore del silenzio dei tanti single, che consumano il cibo in una imbarazzante solitudine. Non voglio scadere nella poesia o peggio nella retorica ma certo nonsi può dire che tutto sta andando verso la normalità. Di normale non c'è nulla, almeno prendiamone atto, tanto questo non preclude il futuro.
4.380 aquilani sono in strutture ricettive, alias alberghi. Di questi, pastoralmente dovrei accuparmene io come ultimo terminale di una presenza diocesana. Ci sono splendidi volontari della Caritas che non li hanno mai abbandonati, che hanno cercato di rispondere ai loro bisogni, che li seguono nella loro ferialità ma la tensione anche tra questi è alle stelle. Se chi sta nelle immediate vicinanze della città è teso per l'incredibile immobilismo che regna, chi sta lontano è teso per il senso di esclusione totale dalle scelte che si vanno via via facendo. Il cittadino, il privato, non esiste più. Decisioni e scelte continuano ad essere calate dall'alto, da una intelligenza superiore che come gli dei dell'antica Grecia gioca sulla vita degli uomini per verificare scelte e strategie.
E per fare propaganda...
Ho sentito già dai titoli dei telegiornali di oggi.
A L'Aquila tutto è risolto... Per questo ho deciso di non essere a L'Aquila il 6 aprile p.v.
Ma di questo. forse, ad un prossimo post.
Intanto domani è Pasqua, a Lui che ha vinto la morte, a Lui che ha divelto la grande pietra del sepolcro che ostruiva l'esplosione della vita, a Lui che ormai vive immortale, a Lui che è venuto a fare unità, affidiamo le nostre piccole e grandi morti, le porti verso il trionfo della Vita.

sabato 6 marzo 2010

Non gettate le perle ai porci.

Ogni giorno leggo il sito de Il capoluogo. Devo riconoscere che spesso vi si trovano notizie che non è facile recuperare nel panorama giornalistico locale. Apprezzo quindi il servizio che svolge. Non sempre però leggo i commenti se non quando... riguardano articoli che coinvolgono la chiesa aquilana. A volte mi divertono, a volte mi indispongono, ma quando la menzogna è evidente beh un po' mi fanno arrabbiare.
Mi riferisco ai commenti espressi in seguito all'articolo sull'incontro che ci sarà lunedì prossimo tra gli organi di governo locali e i rappresentati della chiesa aquilana per un confronto sereno e propositivo circa il futuro della nostra città. Capisco che da sempre gli asini hanno snobbato i primi della classe e che l'ironia il bullismo sono le armi di chi non ha molta materia grigia, ma il troppo stroppia.
Non è in buona fede chi accusa la chiesa aquilana di presunti favori ricevuti... dica quali. Oppure sei un bugiardo ummagumma.
Dica melloncollie in nome di cosa e di chi si dovrebbe ridare la casa dello studente alla città. La casa dello studente, lo dice il nome, è per gli studenti e nessuno può dire che non sia stata usata per questo. Se la curia non avesse messo a disposizione quel terreno e la regione Lombardia non avesse messo a disposizione le risorse economiche certo non dovrebbero ringraziare te per ciò che hai messo a disposizione. Non sempre parlare a sproposito paga, meglio stare zitti che dire stupidaggini.
Loredana cara sai quale è la cosa bella dell'essere preti? Che a fine giornata bisogna dar conto ad un solo padrone che ha avuto fiducia e ci ha presi a giornata. Mi dispiace se a te il nostro lavoro non interessa. Sai quanti lavori non interessano a me, eppure non li giudico.
Francie2009 dicci cosa ha preso la chiesa aquilana. Documentalo. Mi sa che anche tu racconti piccole bugie. Francie, Francie... monella/o.
Fedra cara per ciò che riguarda piazza d'armi o non conosci la verità, in questo caso sarebbe ignoranza quindi documentati, o la conosci ma vuoi fare discorsi qualunquisti, per racimolare applausi dal barbiere, ed allora anche tu ricadi nella sfera dei bugiardi. Chissà che un giorno, poi, non sarai proprio tu a rivolgerti a quella mensa di Celestino che tanto osteggi?!
Bastardo amico mio non ti conosco nemmeno come puoi accusarmi di campare sulle tue spalle. Ma stai tranquillo se un giorno avrai bisogno le mie spalle saranno comunque tuo sostegno.
C'è una città da ricostruire, c'è una tessuto umano che ha bisogno di fiducia e speranza. Lavoriamo per questo, le chiacchere, se non sono quelle di carnevale, se le porta il vento. Ed infine ricordo a me stesso che "i ragli d'asino non arrivano in cielo".

lunedì 1 marzo 2010

Così non va caro sindaco.



Vivo da diversi mesi nella caserma della Guardia di Finanza ed ho sempre, accuratamente, evitato di incontrare politici ed amministratori in visita di cortesia o di solidarietà. Purtroppo sabato scorso non ho potuto evitarlo in quanto, dovendo ritirare dei documenti urgenti dal mio vescovo, l'unico momento in cui darsi appuntamento era proprio il pranzo. Sono arrivato puntuale ma la conferenza stampa andava per le lunghe e quindi mi sono armato di pazienza, ho cercato di respirare poco per non essere contagiato dal virus del potere e mi son messo agli ultimi posti, evangelico come non mai.

Ho colto alcune battute, purtroppo solo del sindaco, gli altri avevano già finito di parlare, tra le quali la seguente:

- ormai dall'Aquila alla costa, grazie alla Teramo mare, ci si impiega solo 35'.

Vorrei precisare, caro il mio sindaco, che per chi non ha l'autista personale, l'auto blu e il lampeggiante sempre acceso i tempi di percorrenza sono esattamente il doppio, se non piove e quindi se la Teramo mare non è allagata. Se, non sia mai, ci si trova nel bel mezzo di una pioggerellina allora meglio affidarsi alla provvidenza e a Maria stella maris.

Finita la conferenza stampa, mentre ritiro i sospirati documenti, ecco che il mio udito è colpito da un'altra brutta espressione.

Descrivo prima la scena. C'è una piccola folla di giornalisti, ma proprio piccola, provinciale, che circonda il sindaco dell'Aquila, quello di Roma, il vescovo ed altre autorità che ignoro. Ognuno a suo modo cerca lo scoop. A me arriva non cercato. Infatti riesce a fare breccia, nel muretto che protegge Cialente, un anziano, ospite anche lui della caserma della Guardia di Finanza ed espone al sindaco il suo problema. La pronta risposta del sindaco mi lascia interdetto. "Vede - risponde Cialente - lei rientra in una di quelle 400 famiglie di cui ho parlato stamattina" e continua nella sua intervista. E no caro il mio sindaco, così proprio non va. Quell'anziano è li davanti a lei e non è uno dei 400 ma è unico con i suoi problemi, le sue attese, i suoi bisogni, i suoi acciacchi, è un suo concittadino, che magari le avrà dato anche il voto a cui non basta far parte di altri 400 sfortunati. Un minimo d'attenzione. Sarà stanco delle lamentele della sua gente. Lo capisco. Ma questo non lo autorizza ad avere un atteggiamento di sufficienza. Quando sente che la stanchezza è troppa se ne stia a casa (se ce l'ha) o nel luogo che meglio di ogni altra la distende.

Vede signor sindaco io e lei non abbiamo mai parlato, non le ho mai chiesto nulla, umilmente mi permetto solo di dirle che non è bello rispondere così. Non so se lei è credente o meno ma se lo immagina Gesù che al lebbroso, che grida verso di lui, risponde "Lei fa parte di quegli altri dieci che stamattina ho incontrato e che ho già sbolognato al tempio"? o alla donna siro-fenicia che spera nella guarigione le dice: "Lei fa parte delle tante donne dal ciclo irregolare"?

No signor sindaco non si fa così.

lunedì 22 febbraio 2010

ROMA
Parroco contro Mc Donald
di fronte alla sua chiesa
Non era ancora finita la messa quando
don Quirino, battagliero parroco
del piccolo borgo di Isola Farnese sulla
Cassia a Roma, si è scagliato contro
il Mc Donald’s aperto lì vicino da poche
settimane. Dal pulpito, prima della
benedizione finale della messa di
Quaresima, è arrivato l’invito a protestare
contro il direttore del fast food,
come lui già aveva fatto. Motivo?
«Questa settimana hanno organizzato
una festa di Carnevale per i bambini
nel Mercoledì delle Ceneri, quando
sono prescritti astinenza e digiuno, e
questo non è accettabile».
Ci sono notizie che non possono passare con indifferenza, se non altro per la loro estrosità. Dei giornali di oggi mi ha colpito la notizia che ho riportato in apertura. Non credo che questo mio confratello brilli per profezia ne per pedagogia. Cosa pensiamo di ottenere accusando sempre gli altri dei nostri fallimenti, come singoli e come chiesa? Se quel Mc Donald's non avesse organizzato alcuna festa forse che quei ragazzi avrebbero vissuto con maggiore fedeltà l'inizio della quaresima? Come si può pensare di imporre i nostri ritmi di vita cristiana a suon di denunce? Forse con un po' di fantasia pastorale si sarebbe potuto organizzare un evento altro, una programmazione parrocchiale capace di aiutare i nostri fedeli a vivere ogni istante nella memoria di Cristo. Se i ragazzi sono andati a quella festa di carnevale nel mercoledì delle ceneri non è per disobbedire ad un precetto della chiesa ma semplicemente, forse, perché non sapevano nemmeno che quel giorno era consigliato un diverso atteggiamento. Il tempo delle crociate è finito, è il tempo della vicinanza educativa, cioè di una vicinanza sapiente di chi sa che alle sue cure sono affidate persone, magari adulte in età, ma bambini nella fede. C'è il tempo del latte e il tempo del cibo solido, il tempo della semina e quella della raccolta. Non possiamo pretendere di sovvertire le leggi naturali. Viviamo, prendiamone coscienza, in mezzo ad un popolo che di cristiano non ha più nulla, ma nemmeno ai tempi di Gesù c'era qualcosa di cristiano nella società eppure Lui non si ferma davanti a questa banale difficoltà. Benedetto XVI ci ha invitati a creare una sorta di atrio dei gentili ma non vedo nella chiesa molte iniziative in questo senso. Mi chiedo: come mai si invoca l'obbedienza quando si tratta di messe in latino, incomprensibili ai più, di decreti promulgati dal Sommo pontefice per una esatta applicazione e comprensione del codice di diritto canonico, di interpretazione di testi legislativi e testi liturgici, e si passa sotto silenzio un papa che ci invita ad aprirci alla domanda di un mondo che, pur con un linguaggio non più religioso, chiede comunque di entrare e stabilire un contatto con Gesù Cristo. Pronti ad usare l'indice contro qualcuno e mai disponibili ad un ascolto cordiale anche di chi il mercoledì delle ceneri partecipa ad una festa di carnevale. Eppure la parola di Dio ci aveva messo in guardia verso le ipocrisie di una vita religiosa ostentata per avere il consenso degli uomini e non vissuta nell'intimità di un rapporto con il Padre. La morale nasce da un amore e non viceversa, a noi pastori spetta il compito di testimoniare questo amore e, se Dio lo vuole, di suscitarlo in coloro che incontriamo nell'agorà della ferialità. Allora forza cari confratelli non più nemici da combattere ma amici da accogliere, come lo siamo stati noi dall'abbraccio misericordioso di Cristo.

venerdì 19 febbraio 2010

Chi mangia da solo si strozza

Non digiunate più come fate oggi, così da fare udire in alto il vostro chiasso. È forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l’uomo si mortifica? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore? Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”».

E' questo un passaggio della lettura della messa di oggi. In realtà il venerdì di quaresima non è giorno di digiuno ma solo di astinenza, ma credo che l'avviso sul quale ci mette la Parola di Dio sia valido ugualmente. Occorre un continuo ritorno al cuore della legge, guai a fermarsi alla sua sola applicazione perchè questo quasi sempre ci pone nella posizione di chi, assolto il precetto, si sente giustificato davanti a Dio escludendo dalla sfera della carità il proprio fratello. A nulla serve assolvere un precetto se poi questa nostra opera non inonda di attenzioni chi ci sta vicino, facendolo sentire parte del nostro mondo e quindi del mondo di Dio.
Pane, casa, vestito; in questa triade Dio riassume i bisogni dell'uomo.
Dividere il pane in modo che colui che non ha forza possa riprendere il suo cammino.
Introdurre in casa i miseri e chi più di noi sa cosa vuol dire avere o non avere una casa. Se tutti coloro che hanno già avuto l'assegnazione di un alloggio avessere introdotto nella loro casa anche uno solo dei tanti che ancora gironzolano tra alberghi e caserme avremmo da tempo risolto il problema di tutti. Utopia? Forse. O magari una lettura sine glossa della Parola di Dio, sull'esempio di Francesco d'Assisi, di san Pietro Celestino, di san Bernardino da Siena... e dei tanti santi di cui si gloria la nostra città.
Vestire uno che vedi nudo perché la nudità rende deboli e vulnerabili, costringe a nascondersi ed abitare l'ombra e la notte.
Ecco allora che la quaresima con i suoi precetti si riassume nella condivisione di ciò che ci troviamo a possedere e nella compartecipazione ai bisogni di chi incrociamo nella nostra giornata. Tutto questo perché la mia e la tua libertà possano camminare verso il pieno compimento. Ogni scusa è solo un alibi.

giovedì 18 febbraio 2010

E adesso...?

E adesso chi glielo dice ai tanti volontari che nelle ore e nei giorni successivi al terremoto si sono mossi, sacrificando denaro, famiglia, affetti, vacanze, ferie, lavoro per venire ad aiutare noi dell'Aquila, chi gli dice che abbiamo scherzato? Chi gli dice che dietro e alla faccia del loro sacrificio c'era chi si sfregava le mani e si leccava le labbra per i futuri guadagni? Chi gli dice: cari signori adesso levatevi dai ... perché sin'ora abbiamo scherzato, vi abbiamo fatti sentire utili e a volte indispensabili, ma ora basta, ora è il tempo del guadagno serio, non si aiuta più per hobby nè per fede, nè per filantropia, ora il dio denaro chiede il sacrificio del buon cuore.
Oggi è di queste persone che mi preoccupo perché di fronte a tanto, palese, malcostume il grosso rischio e che il cuore dell'uomo diventi cinico ed indifferente. Forse in questi giorni i tanti volontari si sentiranno un po' stupidi per aver creduto di rispondere alla emergenza aquilana. O forse si sentiranno usati da burattinai più grandi ed invisibili.
Penso di interpretare i sentimenti degli aquilani dicendovi GRAZIE per tutto ciò che avete fatto e che continuate a fare per noi. La gente che voi avete aiutato vi porta nel cuore per sempre. Allora non scoraggiatevi e fate in modo che non prevalga in voi il disimpegno. Ci saranno sempre i furbetti che cercheranno di demotivare il cuore riducendo tutto a guadagno. Eppure "se avrete dato un bicchiere d'acqua fresca ad uno solo di questi piccoli lo avrete dato a me" e per chi non è credente quel piccolo o grande gesto di carità che voi avete fatto andrà ad arricchire comunque l'UOMO.

mercoledì 17 febbraio 2010

Gettiamo la maschera.

Sento ancora parlare dal pulpito un linguaggio vecchio: piccole e volontarie rinunce, fioretti, giaculatorie... per piacere al Signore e per ricordare e ricordarci come la nostra consistenza non è nelle cose che possediamo (come se il terremoto non ce lo avesse ricordato e fatto vivere abbastanza). E mi sforzo di trovare tutto questo nel vangelo di oggi, quel vangelo che ogni anno puntualmente apre il periodo della quaresima, ma nulla di tutto questo trovo. Trovo invece l'invito a cercare solo nel Padre il senso ultimo di ogni mia azione e a considerare il Suo giudizio, senza fermarmi ai giudizi parziali di uomini in cammino come me. Padri spirituali e predicatori non si stancano di ripetere che questo è il tempo favorevole per un maggiore impegno nella preghiera, nell'elemosina e nel digiuno come cammino di ascesi personale. E' questo quello che dice Gesù? Letto con più attenzione il brano di oggi non mi sembra tanto un invito ad essere più pii, caritatevoli e asceti... no. Gesù ritiene scontati simili atteggiamenti: "quando preghi..., quando digiuni..., quando fai l'elemosina", è come se Gesù ritenesse scontati simili atti, lui che conosce il cuore dell'uomo sa che per natura l'uomo prega, fa l'elemosina e digiuna.
Ecco allora l'invito rivoluzionario: quando compi questi atti che rendono palese la tua umanità, che esprimono la verità del tuo cuore, non essere ipocrita, getta via ogni maschera, e guardati solo in rapporto con il Padre che è nei cieli. Quale incredibile libertà dona la grazia vissuta giorno per giorno. Grazia: parola bistrattata e dimenticata, Grazia ossia gratuità, gratis, dono senza condizioni. Grazia ossia il mio cuore, piccolo e limitato, che partecipa dell'infinito del cuore di Cristo. Il mio gesto umano che diventa divino, che è sintonizzato sulla Sua lunghezza d'onda. E' finito il carnevale, gettiamo via le maschere. Non più principi azzurri e principesse rosa, non più uomini ragno e zorro, non più animali della foresta o eroi siderali ma ... UOMINI. Questa è l'unica conversione che vale agli occhi di Dio. Uomini con un cuore ed uno sguardo come il Suo. Uomini che vivono fino in fondo la loro umanità ed accettano la sfida della verità. Un grande profumo avrebbe dovuto sentirsi oggi nell'aria, o almeno nelle chiese, un profumo avvolgente e suadente, che ti cattura e ti inebria, e che forse ti da anche fastidio. Perché "tu quando digiuni profumati il capo". Pur non avendo il naso chiuso questo profumo non mi è sembrato di percepirlo. Segno che le rinunce e i fioretti ancora una volta hanno vinto sulla Parola di Dio.
Buona quaresima a tutti.

venerdì 12 febbraio 2010

Lo sapevamo che i ... vanno sempre due a due.

Chiedo scusa in anticipo se il linguaggio non sarà proprio casto e puro, chi pensa di scandalizzarsi non continui nella lettura e preghi per la salvezza della mia povera anima.

Non mi scandalizza il fatto, reso noto poche ore fa, di quei due cretini che alle 4,00 del 6 aprile 2009, a distanza di pochi minuti dal terremoto, se la ridevano di gusto, pensando ai guadagni che da li a poco avrebbero realizzato sulle nostre disgrazie e sui nostri lutti. Non mi scandalizza semplicemente perché è la solita storia che si ripete da sempre. Mors tua vita mea. Il realismo cinico degli antichi ha reso con questo brevissimo dittico questa realtà. In fondo, per fare un esempio vicino alla nostra cultura, già sotto la croce di Cristo c'erano altri cretini che se la ridevano e se la spassavano, alla faccia di quel dolore innocente o meglio, proprio grazie a quel dolore innocente. Essere cristiani vuol dire avere gli anticorpi allo scandalo e alla cattiveria degli uomini, sempre infinitamente superiore alla più fervida fantasia horror, perché Cristo, essendo passato ed essendosi fatto attraversare da tutta l'umana cattiveria l'ha sconfitta e quindi ci ha liberati dal suo ultimo morso. Eppure c'è una cosa che, se non mi scandalizza, mi lascia quantomeno perplesso. Continuo a pormi la domanda: Ma se già nella mattina del 6 aprile queste intercettazioni erano note perché aspettare così tanto per renderle pubbliche? Perché conservare questo materiale per tempi "più opportuni"? E chi decide quale è il tempo opportuno per usare le intercettazioni? Questo calcolo ci offende non più né meno del calcolo dei nostri due eroi del cinismo e della codardia, novelli gatto e volpe assetati delle monete d'oro del nostro dramma. Speriamo almeno di non dover scoprire che i due, con il silenzio (durato ben dieci mesi) complice, almeno moralmente, degli inquirenti, hanno eseguito dei lavori nella nostra città e, se mai si scoprisse che lo hanno fatto, offriamogli un posto sicuro ed un cibo certo vicino ad uno degli insediamenti del progetto C.A.S.E. Chi conosce L’Aquila sa che il nostro bel supercarcere delle Costarelle non è molto lontano né da Sassa né da Cese di Preturo, ed una suite per loro può sempre essere ricavata. Almeno stavolta le derive sessuali dei protagonisti (delle quali non può importarcene di meno) non coprano il vero scandalo di un dolore reso oggetto di mercato e merce di scambio. Non vogliamo che l'Aquila sia ricostruita da questi individui, non lo meritano né loro né no, ma soprattutto i nostri morti che urlano con il loro profondo silenzio contro questo ulteriore sciacallaggio.

lunedì 1 febbraio 2010

2 feb. Festa della Presentazione di Gesù al tempio.


Mi è arrivato un sms sul cellulare che diceva:

"Domani festa della presentazione mons..... e .....

celebrano alle ore 17,00 nella chiesa di ......

insieme a tutti i religiosi che rinnovano i voti"

Non sono un religioso quindi in se l'sms non avrebbe dovuto interessarmi ma ad un tratto mi sono ricordato dei tanti religiosi e religiose che ho conosciuto in questi anni e che non vedo ormai da prima del 6 aprile, giorno in cui il terremoto ci ha dispersi ai quattro angoli della terra... d'Abruzzo, ed ho pensato a quale splendida occasione per poterli rivedere tutti, scambiarsi informazioni, sorrisi, pacche sulle spalle e coraggio. Farò tutto il possibile quindi per essere con loro celebrando intorno allo stesso altare l'unico sacrificio che tutti ci salva.

Ma stranamente mi è venuta anche una piccola obiezione; mi ritornava la frase: "i religiosi che rinnovano i voti". Ad un certo punto mi son detto: "Ma come i religiosi rinnovano i voti o piuttosto non sono i voti a rinnovare i religiosi?" Non so se si capisce la mia obiezione. La domanda non era studiata a tavolino ma spontanea e quindi non censurabile. Credo veramente che siano i voti a rinnovare i religiosi. La povertà, la castità, l'obbedienza se desiderati veramente come il primo giorno di consacrazione hanno la capacità di provocare un continuo rinnovamento della vita. Non perché i voti in se assumono un altro valore ma perchè gli stessi voti di sempre sono chiamati a realizzarsi in contesti culturali, religiosi ed esistenziali sempre diversi. In questo modo non arrugginiscono in angoli oscuri e remoti della coscienza ma emergono sempre vivi e vivificanti.
Aspetti della nostra personalità non sono ancora abitati dalla povertà o dalla verginità ma non per questo la nostra adesione a Cristo è meno perfetta, in fondo la vita cristiana altro non è che il cammino della vita che ha presenta una meta, in questo cammino allora ogni giorno posso avvicinarmi o allontanarmi dall'ideale ma tutta la nostra pochezza e peccaminosità è vinta dall'evidenza che comunque l'ideale è il punto di fuga di tutto il nostro essere ed esserci.

E allora ai miei amici religiosi e religiose vorrei augurare non di rinnovare i voti ma d'essere rinnovati dai voti per un cammino sempre più spedito verso l'unico porto della Grazia, la compagnia di Cristo alla mia vita.




domenica 24 gennaio 2010

Domenica 24 gennaio 2010



+ Dal Vangelo secondo Luca


Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si
sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono
testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così
anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli
inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo
che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai
ricevuto.

In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:«Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzionee mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazionee ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Purtroppo, nonostante la recente riedizione dei lezionari (i volumi nei quali troviamo la Liturgia della Parola), si continuano a leggere certi strafalcioni di cui non riesco a capire le reali motivazioni. Il brano del vangelo di oggi è preso da Luca ma se andiamo a leggere questo vangelo ci accorgiamo che tra la prima e la seconda parte vi è un salto di ben quattro capitoli. Capitoli in cui è raccontata la nascita di Gesù (i cosidetti vangeli dell'infanzia), il battesimo, la sua genealogia, la sua permanenza nel deserto con relativo dialogo dialettico con satana. Allora sarebbe stato meglio dividere quello che viene chiamato prologo dall'episodio di Nazaret nella sinagoga. Vorrei fermarmi al prologo perchè dice come il cristianesimo non nasce da una favola o da un mito, non è invenzione umana ne tentativo disperato ed estremo di immaginarsi la divinità e nemmeno una nuova religione nel già complicato sistema religioso dell'antichità, in ultima analisi non si tratta nemmeno di una nuova visione morale dell'esistenza o di una nuova legge. Si tratta semplicemente della narrazione di un evento cui è possibile risalire storicamente. Luca ammette di non essere stato un testimone oculare della vicenda di Gesù di Nazaret ma di essere stato investito da questo annuncio e proprio per non abdicare alla sua ragione a alla sua passione storica, intraprende una lunga ricerca delle fonti. Ricerca che lo porterà indietro sino a coloro che di quegli eventi sono stati testimoni diretti e primi annunciatori. Ha un suo ordine e adatta le informazioni appunto ad un suo progetto, progetto che ha come obiettivo anzitutto:
- un resoconto ordinato, cioè un racconto con una sua logica interna destinato a scopi ben precisi, una storia che a prescindere dalla fede, può essere letta da chiunque;
-un destinatario, questo Teofilo del quale nulla sappiamo di più;
- una finalità; la saldezza della fede del credente.
Queste caratteristiche lo rendono particolarmente significativo per noi che navighiamo nel mare magnum dell'incertezza, dove è difficile trovare narrazioni sicure che non siano state epurate o arricchite in base ad una intenzione dottrinale o ideologica. La nostra generazione, coem quella di Luca e di Teofilo, non ha l'esperienza diretta di Gesù, non lo ha visto camminare per le strade della Palestina, non lo ha sentito predicare sulle rive del lago di Genezaret, non ha assistito ai suoi miracoli nè alle sua cene in casa di pubblicani e peccatori ma come la generazione di Luca e Teofilo, è stata raggiunta dalla notizia di Gesù di Nazaret. Notizia che spesso è rimasta allo stato embrionale, a quei livelli di catechismo fatto da fanciulli, una fede immatura incapace di dare gusto e spessore alla vita. Abbiamo bisogno anche noi, soprattutto quando la vita diventa seria, di capire se ciò che ci è stato detto ha una solidità, può costituire una certezza su cui fondare la nostra speranza. La strada che Luca ci indica è proprio questo ritorno appassionato al vangelo, alla fonte, solo questa azione avrà in se la potenza di una fondazione sicura della nostra fede. Non dunque una morale da rispettare ne un dio da temere ma l'essere investiti dalla grazia di un annuncio capace di rompere gli esigui orizzonti di Adamo per aprirci all'orizzonte infinito in fondo al quale, per speculum in enigmitate, possiamo scorgere il volto buono di un Padre che partecipa della mia umana avventura.