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martedì 17 gennaio 2012

Scon-volti perché coin-volti



+ Dal Vangelo secondo Giovanni 1,35-42


In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

Ci sono pagine del vangelo piene di mistero e di bellezza, la liturgia di questa domenica ci porta immediatamente in questa dimensione. Non leggiamo in quale giorno e in quale luogo si svolge l’azione raccontata perché ogni giorno ed ogni luogo possono vedere il passaggio di Gesù, non c’è un tempo predeterminato né un luogo prefissato per incontralo. Una chiesa silenziosa non mi garantisce l’incontro né l’atrio di una grande stazione me lo impedisce. Non c’è più sacro e profano. Miracolo dell’incarnazione: tutto è luogo della Sua presenza. Cosa ci resta da fare? Anzitutto ascoltare, decidersi per l’anti-indifferenza, avere un orecchio ed uno sguardo attenti alle indicazioni della realtà. I discepoli di Giovanni non sono chiusi nelle loro certezze, pur avendo come maestro il più grandi tra i nati d’uomo, non si fanno scudo con la loro visione di Dio, dei loro dogmi ma decidono di dare credito a quella voce che indica il passaggio di un uomo strano e misterioso. Allora non esitano a lasciare il certo per l’incerto, la religione per il cammino. Seguono Gesù in silenzio, discretamente, finché Egli non rivolge loro la domanda che fa venire allo scoperto il loro desiderio: “Che cosa cercate?” È questa la domanda di sempre, è questa la domanda che rende l’uomo veramente tale. Ognuno di noi cerca sempre qualcosa o qualcuno: un amore, un lavoro, un po’ di pace, una casa, un figlio, un padre, un amico, un complice, un buon libro… Siamo mendicanti, sempre. I due discepoli? Cercano il luogo dove abita Gesù. Nulla il vangelo ci dice circa questo luogo. Non sappiamo dove Gesù li abbia condotti quel giorno. Sappiamo solo che per i due, per Giovanni e Andrea, quel giorno non è uno tra i tanti e quel rabbì non è uno dei tanti. Da quel giorno la loro vita non è tanto sconvolta quanto è coinvolta con qualcuno capace di soddisfare il loro desiderio di dimora. “Rabbì dove dimori?” quanto è carica di potenza questa domanda?! Possiamo tradurla con espressioni forse più attuali? Penso di si. Signore qual è il luogo in cui è possibile stare in tua compagnia, sentirti presente? Verso dove possiamo rivolgere il nostro sguardo, spesso perso nel vuoto, per cercare una consistenza? Verso dove camminare affinché i nostri passi non siano orientati al nulla? Dove dimori oggi, Signore? Viviamo una stagione dove è difficile trovare qualcuno che Ti indichi presente, o almeno che indicandoti sia credibile. Spesso i profeti dei nostri giorni indicandoti in realtà indicano se stessi. Ci seducono ma non ci conducono. Viviamo crisi di profezia. Viviamo in quello iato, in quella distanza, che esiste tra la nostra decisione di metterci in cammino ed il tuo voltarti verso di noi. Ti chiediamo Signore di voltarti, di guardarci ed amorevolmente costringerci a riconoscere il nostro desiderio più profondo e più vero. Ed infine ancora una volta sentire dalla tua voce: “Venite e vedrete”. Ed è certo che correremo perché abbiamo sete della tua compagnia.

martedì 10 gennaio 2012

Come il cervo anela alle sorgenti delle acque, così l’anima mia sospira a te, Dio. Ha sete l’anima mia del Dio vivo. Quando verrò e mi presenterò davanti al volto del mio Dio? O fonte di vita, vena d’acqua viva, quando verrò dalla terra deserta senza strade e senz’acque, alle acque della tua dolcezza, per vedere la tua potenza e la tua gloria e saziare con le acque della tua misericordia la mia sete? Ho sete, Signore, sorgente di vita, dissetami. Ho sete del Dio vivo. Quando verrò e starò, Signore, davanti al tuo volto? Vedrò io quel giorno di giocondità e di letizia, giorno che ha fatto il Signore, perché esultiamo e ci rallegriamo in esso? O giorno preclaro che non conosce vespero, giorno che non ha tramonto, nel quale udrò la voce di lode, la voce di esultanza e di magnificenza: << Entra nel gaudio del tuo Signore >>, entra nel gaudio eterno, nella casa del Signore tuo Dio..., entra nel gaudio senza tristezza che contiene l’eterna letizia, dove sarà ogni bene e nessun male, dove sarà tutto ciò che vuoi e nulla di ciò che non vuoi, dove sarà vita piena, dolce e amabile, sempre memorabile; dove non sarà nemico che ti osteggi né alcuna lusinga, ma somma e certa sicurezza, e sicura tranquillità e tranquilla giocondità, e gioconda felicità e felice eternità ed eterna beatitudine, e beata Trinità e unità della Trinità, e divinità dell'unità e della deità beata visione, visione che è il gaudio del mio Signore. O gaudio sommo, gaudio che trascende ogni gaudio, quando entrerò in te per vedere il mio Signore che in te abita?... Aspettiamo il Salvatore, Signore Gesù Cristo, il quale trasformerà il corpo della nostra umiltà e lo configurerà al corpo del suo splendore. Aspettiamo il Signore quando tornerà dalle nozze perché ci introduca in pace alle sue nozze. Vieni, Signore Gesù, non tardare. Vieni, Signore Gesù, a visitarci in pace, vieni, Salvatore nostro, vieni, desiderato da tutte le genti, mostraci la tua faccia e saremo salvi.
Amen.
Sant'Agostino