Sono mancato alcuni giorni da L'Aquila e, tornando, ho notato una certa euforia collettiva (o almeno come tale fatta passare) riguardo la riuscita della notte bianca a L'Aquila (sabato 31 luglio u.s.). Giornalisti e giornalai, sociologi, politici e politicanti, tutti contenti per la felice riuscita dell'evento, felici di aver visto, o anche solo immaginato, 20.000 persone sciamanti nelle buie e devastate strade del centro. Devo confessare che ogni volta che ho avuto notizia dell'invasione del centro, della violenza perpetrata alla zona rossa, ho sentito un senso di rabbia. Una rabbia inspiegabile, o forse originata dalla consapevolezza che quel centro, per come è adesso, espone le nostre nudità. Finestre rimaste aperte da quella notte, case sventrate, squarci di cielo la dove invece avrebbe dovuto esserci un tetto. Questa nudità messa alla gogna da una utopia falsamente normalizzante che cerca di imbonirci con percorsi che portano verso il nulla più assoluto. Ricordo da bambino un anziano signore, mio vicino di casa, che volendo imparare a guidare il motorino, decise di provarci in un caldo pomeriggio estivo, quando molti si concedevano una meritata siesta; e non solo, per meglio riuscirci, fece la sua prima guida su di una strada in discesa. Lo schianto sulla casa di fronte fu enorme, la morte arrivò sul colpo tanto che i suoi occhi rimasero aperti. Un altro vicino, forse rimbambito per l'improvviso risveglio o magari per aver alzato un po' il gomito durante il pranzo, continuava a schiaffeggiarlo dicendogli: Tranquillo non è nulla.
E' questo secondo me il messaggio che passa dopo e attraverso questi falsi eventi: Noi morti in una città morta e qualcuno (rimbambito) che continua a dire: Tranquilli non è nulla, ci siamo ripresi il centro.
20.000 persone che gironzolano verso il centro della città, senza meta e senza scopo, con una birra in mano per soffocare il dolore del colpo, come una flotta di spermatozoi alla conquista di un ovulo in un utero sterile. E mi vengono in mente le parole di Erri De Luca che riporto: "Mia madre sapeva fare bene la frittata e la parmigiana di melanzane. Io non ne mangerò mai più. E' un modo per onorare la distanza. Perché la distanza la si onora, non la si supera. Ogni giorno è il primo giorno. Per sempre".
martedì 3 agosto 2010
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Giusy Venuti Ho individuto il to blog... Ora non ti libererai più di me! N.B. So che sembra quasi una minaccia... e forse lo è!). Ciao! Giusy ( Cotinuerò ad inviarti i miei poveri pensieri mantre procederò nella lettura del tuo "diario").
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