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martedì 18 gennaio 2011

Un disastro.

Sarà perché oggi c'è stato il ritiro del clero (un evento che ha sempre il potere di turbarmi), sarà perché mi disturba la supponenza e l'arroganza di alcuni confratelli, fatto sta che oggi mi trovo particolarmente riflessivo. Mi capita ogni mattina, quando alzo la tapparella della mia camera, di restare stupito di fronte allo spettacolo che mi si para davanti. Con lo sguardo posso infatti percorrere le cime del Gran Sasso e da lontano le vette della Maiella e poi ancora l'altipiano delle Rocche. Ogni colore del cielo ti aiuta a vedere nuovi particolari, contorni e colori mai uguali. Ogni giorno ed ogni ora è foriera di novità e quindi di stupore. A volte le nuvole più basse del mio balcone, a volte le fitte nebbie, a volte il sereno e le tante tonalità di grigio e le tante forme delle nuvole. Ogni mattina è l'esperienza di una novità.
C'è comunque un altro motivo all'origine di questo post. Le veloci e brevi incursione tra le macerie della mia canonica mi stanno permettendo di recuperare alcuni libri, a volte già letti e sottolineati, a volte solo sfogliati, poche volte intonsi. Dovendoli spolverare uno ad uno per tentare di liberarli dalle pietre e dai calcinacci poi capita di metter da parte alcuni titoli con la sete di riprenderli in mano, di inebriarsi di nuovo a quella sapienza in essi contenuta.
Ecco proprio lo stupore di fronte alla natura e la rinnovata possibilità di accedere ad alcuni testi significativi (e mettiamoci anche il ritiro del clero ed i confratelli poco eleganti) mi hanno portato a riflettere su cosa oggi nella chiesa è capace di destare entusiasmo e stupore. La mattina, appena sveglio, non vedo l'ora di dare uno sguardo fuori per vedere lo spettacolo che mi è stato riservato. Ma mi chiedo: questo stesso entusiamo lo provo anche nei riguardi di questa mia chiesa? C'é qualcosa per cui vale la pena, o meglio qualcosa che invita al sentimento dello stupore e della gratitudine? Beh ok, tu fratello ortodosso e santo mi richiamerai alla costante Presenza di Cristo, perenne ed unica novità di ogni vita cristiana e quindi anche presbiterale. Ma io parlo di qualcosa di più terreno, di umano. Mi guardo in giro in cerca di profeti e santi, di spazi di libertà ed intelligenza, di fantasia e forse anche di utopia, e quanta fatica faccio a trovarne. Si mi vengono alla mente Enzo Bianchi e la sua esperienza monastica di Bose, ci leggo i segni della perenne azione dello Spirito, mi viene in mente Kiko (non sono neocatecumenale ma questo non mi impedisce di vedere l'entusiasmo con il quale questi nostri fratelli evangelizzano usando catechesi, canto, liturgia, carità...) e forse don Ciotti. Eppure mi sembrano poche tre sole esperienze. Ripenso agli anni della mia infanzia e prima giovinezza e mi vengono in mente figure alte, significative, poco avvezze alle corone cortigiane. Don Milani, padre Balducci, don Barsotti, padre Calati, padre Turoldo, don Giussani, madre Teresa, il card. Martini ma anche il card. Biffi, Chiara Lubich e don Di Liegro, Frere Roger e Taizè, don Tonino Bello. Laici quali Aldo Moro e De Gasperi, Bachelet e Livatino, La Pira, Lazzati. Uomini giudicati di destra o di sinistra secondo un criterio umano troppo orizzontale, uomini dell'alto secondo un criterio cristiano, cristiani passionali ed appassionati, fonti alle quali dissetarsi, pungoli che impedivano i nostri sonni piccoli borghesi. Ed oggi?
Cortigiane... solo cortigiane!

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