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martedì 18 agosto 2009

Che ne facciamo di quel 27%? (Che ora sembra sia invece un 34%)

Il rischio di un sito parrocchiale è quello comune con i gruppi ecclesiali e il clero: chiudersi nelle sacrestie estraniandosi dal mondo circostante. Ma se qualcosa ci ha insegnato questo terremoto è l'evidenza che tutti siamo comunque politici, cioè tutti apparteniamo a quell'aggregato sociale, la polis appunto, che ci condiziona e che condizioniamo. La famosa livella di Decurtisiana memoria. Questo ci autorizza ad uscire dalle sacrestie virtuali, perchè quelle costruite ormai non esistono più, per scendere nell'aeropago della società. Ho già avuto modo di esprimere su Avvenire del giorno 8 agosto u.s., le mie perplessità circa i criteri di assegnazione delle nuove costruzioni, il famoso progetto C.A.S.E. Criteri proposti dal comune dell'Aquila e ai quali nessuno sembra obiettare. Il rischio è che si crei la corsa per accaparrarsi punti/bonus come nei supermercati. Il nonno dimenticato da molti anni all'ospizio diventa così un prezioso alleato nella raccolta punti. Lo studente ospite a casa altrettanto. Se poi ho la fortuna di avere dei minori o comunque ragazzi in età scolare allora bingo. Visti questi criteri di valutazione e guardando al tessuto sociale della parrocchia di cui sono parroco mi sono reso conto come solo il 10%, per essere larghi di manica, dei miei parrocchiani hanno la speranza di entrare in graduatoria, me compreso. Ma non parlo di me assolutamente, che pure ho nella mia famiglia, per quel che posso ricordare, 15 ultranovantenni, 10 non autosufficienti, 30 ultraottantenni, 50 ragazzi in età scolare, tra scuole elementari e medie (non conteggio i ragazzi della scuola superiore e gli universitari). Qualcuno si chiederà come un prete arrivi ad avere una tale famiglia allargata? No, non ho figli nascosti ne ho mai contratto pacs, dico ed altre forme del genere. E' solo che la parrocchia è la mia famiglia, non potrei viverla diversamente. Ripeto non cerco una soluzione per me, ho la promessa del centuplo fatta dal mio datore di lavoro, il quale a volte ha tempi più lunghi della politica, ma lo sapevo da sempre quindi non mi sento ingannato. Parlo a nome di quel 27% che stando ai modelli presentati, costituiscono una famiglia mononucleare e che, stando sempre ai dati emersi dal censimento, hanno un'età non proprio giovanile. Oltre al danno ora anche la beffa? Come ha potuto il sindaco cadere in una visione così poco lungimirante? Alba, Rosa, Maria, Antonietta, Virginia, Daniele, tutti i condomini dei palazzi di via XX settembre, vicino alla casa dello studente, realisticamente non rientreranno mai più nelle loro case... ma stando alla raccolta punti proposta dall'amministrazione mi viene il dubbio che non rientreranno nemmeno nelle case sostitutive. Ma in fondo cosa ci si poteva aspettare da assessori alle politiche abitative che, quando erano alla presidenza dell'ADSU (leggi gestione casa dello studente) non erano stati nemmeno avvisati della pericolosità della struttura? Può ben dire il dottor Sconci, da buon psichiatra e anche lui mio parrocchiano anche se ancora non ci eravamo presentati, che in questi quattro mesi di pazzia collettiva le istituzioni avevano come compito prioritario quello di dare certezza e fiducia ai cittadini. L'unica certezza, almeno per me, è che avendo perso ogni cosa più in basso di così non c'è che da scavare. La nostra fiducia è riposta al cielo affinchè conceda a lungo bel tempo ma non troppo bello onde avitare di vivere a giorni immersi in una sauna e non troppo brutto per eviater di viveri per giorni tenuti ibernati in attesa di essere scongelati in un momento più favorevole. Continuo a sostenere che ciò che è importante adesso è non scollare il tessuto sociale, favorire i rapporti tra le persone, rispettare i quartieri della città e fare il possibile perchè, come è nella realtà, ci siano nello stesso contesto bambini chiassosi e giocherelloni insieme ad anziani brontoloni per il chiasso e allo stesso tempo sapienti. E se Dio vorrà anche un prete ogni tanto a ricordare che Cristo ha salvato anche noi, nonostante tutto.

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