SOS RICOSTRUZIONE.

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lunedì 28 settembre 2009

I precetti del Signore fanno gioire il cuore.

Ho scelto come titolo di questo post il ritornello del salmo responsoriale con il quale abbiamo pregato ieri, domenica 27 settembre.
Mi è capitato di partecipare alla messa da semplice fedele quindi ho potuto notare, con maggiore libertà e senza filtri ne maschere, l'atteggiamento della maggior parte dei fedeli. Lungi da me il cadere nei luoghi comuni di chi all'uscita della messa interroga i partecipanti circa le letture o l'omelia, sicuro di prendrli alla sprovvista e quindi dimostrare la disattenzione con la quale si partecipa all'eucaristia.
Ho fatto invece un lavoro forse più impressionante: ho guardato sul momento, in presa diretta, le espressioni di chi ripeteva quel ritornello. Era evidente uno scollamento tra ciò che si proclamava con le labbra e ciò che proclamava il corpo.
Se fosse entrato uno straniero, a zero in conoscenze circa la nostra lingua, in chiesa in quel momento mai e poi mai avrebbe sospettato ciò che le labbra dicevano. Una indifferenza e a volte anche una certa tristezza solcavano i visi dei miei vicini di banco. Come è possibile staccare così automaticamente la fede dalla vita, la Parola dalla realtà? Come siamo potuti arrivare così in basso da anestetizzare le coscienze? Abbiamo dato dosi massicce di moralismo che ormai l'unico gesto vero, dove cioè vi è una certa corrispondenza tra vita e parola, è quello di battersi il petto e proclamarsi peccatori ma non più come input a cambiare vita o almeno a desiderare un cambiamento bensì come scusa per un disimpegno ulteriore.
"I precetti del Signore fanno gioire il cuore" andava cantato, danzato, desiderato, preteso ed invece era stato trasformato in una nenia noiosa. Se avessi celebrato io quella messa, con quell'assemblea, forse avrei ripetuto quel salmo tante e tante volte sino al punto che almeno una sola persona, estenuata da tante bugie ripetute, alzandosi avesse potuto urlare "E BASTA".

sabato 26 settembre 2009


+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».


Parola del Signore
Ho una carissima amica che lavora presso un supermercato, esattamente al banco del pane e degli affettati freschi. Non si ritiene molto credente, o almeno non è di quelle credenti praticanti, per dirla con un linguaggio comprensibile a tutti. Tra i vari salumi e formaggi tiene sempre una bottiglia d'acqua in modo da mantenerla fresca ma non freddissima. Capita sempre nei miei giri di arrivare in quel supermercato alla fine delle varie commissioni della mattina (posta, banca, impegni vari) quando il sole si sente e con il sole anche la sete. Puntualmente, prima di fare la spesa, le chiedo un bicchiere d'acqua. Ciò che mi spinge a chiederlo è sempre la sete ma a lei dico sempre che mi sforzo di bere il suo bicchiere d'acqua per farle guadagnare il paradiso, citando le parole di Gesù del vangelo di oggi. Si sorride, sicuri che anche questi piccoli espedienti salvifici trovano posto nel cuore di Dio e magari gli strappano un sorriso. Non voglio banalizzare il vangelo ma è impressionante come la salvezza possa dipendere da un gesto così apparentemente piccolo ed insignificante. Spesso, figli di una cultura che ha perso di vista il valore della gratuità e del non profit, pensiamo che la salvezza possiamo guadagnarla a colpi di pratiche ascetiche al confine dell'umano, dimenticando che la salvezza è grazia, cioè gratis, puro dono, che si conquista restando pienamente umani, capaci cioè di accorgerci della sete del fratello e decidere di rispondere a quel bisogno. Una fede semplice e disarmante che non intruppa nè l'uomo ("non ci seguiva) nè Dio ("chi non è contro di noi..."). La saggezza popolare ha coniato l'espressione "perdersi in un bicchier d'acqua" volendo mettere in evidenza l'incapacità dell'uomo che cerca di far fronte a qualcosa che lo sorprende e lo destabilizza. La sapienza evangelica invece pensa che un bicchiere d'acqua non serve a perdersi ma addirittura a salvarsi.

mercoledì 23 settembre 2009

Articolo apparso sul n° 4 del quindicinale diocesano "Vola"

Siamo nel 597 a. C. e Nabucodonosor, re di Babilonia, fa compiere quella che sarà la prima deportazione del popolo di Israele. Undici anni più tardi, nel 586 a. C., vi sarà una seconda deportazione, più radicale e sanguinosa della precedente. Ovviamente da abile stratega ed ottimo politico, Nabucodonosor fa deportare in Babilonia le forze lavoro, uomini, giovani, classe colta, lasciando in Israele donne, vecchi e bambini, cioè tutti coloro che non potevano essere riciclati subito nel mondo del lavoro, tutti gli improduttivi, i pesi morti. Israele, privato delle sue braccia più valorose, cade in una grande depressione economica e sociale. Passato lo spaesamento delle
prime generazioni coloro che erano rimasti in Israele ricominciano a ricostruire il loro paese, la loro vita, la loro economia, forti anche di tutto ciò che era stato abbandonato dagli esuli. Contemporaneamente coloro che erano stati deportati a Babilonia cominciano a far valere le loro abilità in ogni campo, arrivando ad occupare anche posti importanti nel campo economico, militare e politico, tanto che alcuni esegeti arrivano a dire che poi non si stava tanto male sui fiumi di Babilonia.
Si creano così due popoli: il popolo della terra e il popolo dell’esilio. Due popoli che si allontaneranno sempre più, ognuno geloso delle possibilità che erano state date all’altro, dimenticando che comunque erano entrambi figli di quell’evento comune, l’esodo dall’Egitto ad opera di Dio, che li aveva resi liberi.
La storia, purtroppo, si ripete oggi a L’Aquila.
Il terremoto, nuovo nome di Nabucodonosor, ha costretto alcuni in esilio sulla costa e ha costretto altri alla precarietà delle tendopoli. Ma proprio dalla storia dobbiamo imparare a non ripetere gli stessi errori, guai ora a creare due popoli, aquilani contro aquilani.
Tutti dobbiamo capire che i fiumi di Babilonia su cui siamo stati deportati non sono né la costa né i campi con le tende, i veri fiumi dell’esilio sono quei luoghi in cui non sono più possibili quei rapporti che rendevano umana la nostra vita.
Chi è andato via non ha tradito e chi è rimasto non ne ha approfittato.
È ora di ricominciare a ricostruire la nostra città tenendo presenti le reali esigenze di chi comunque ci viveva senza dimenticare che anche i simboli hanno la loro importanza.
In fondo Israele diventerà di nuovo un solo popolo quando, grazie all’editto di Ciro, tutti, popolo della terra e popolo dell’esilio, riedificheranno a Gerusalemme il Nuovo Tempio.
Perché avere il Tempio vuol dire avere una ipotesi positiva da consegnare alle nuove generazioni,
ossia ai nostri figli.

domenica 20 settembre 2009

Di che cosa stavate discutendo per la strada?



+ Dal Vangelo secondo Marco


In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».


Parola del Signore
"Di che cosa stavate discutendo per la strada?" Immagino lo sguardo perso dei discepoli di fronte a questa domanda di Cristo. Sono stati sgamati con le mani nella marmellata, imbrattati da quel desiderio che rende i nostri gesti fuori controllo. Stavano discutendo di chi fosse il più grande in quel regno frutto unicamente della loro fantasia, come quel re descritto ne "Il piccolo principe", vestito di porpora ed ermellino, che esercitava il suo potere su tutte le stelle.
Purtroppo simili discussioni non sono ancora finite. Anche oggi tra i discepoli di Cristo vi sono coloro che perdono tempo a discutere e capire chi è il più grande, anche se spesso il tutto è coperto da una strana teoria circa il servizio. Allora non sono io il più grande, lungi da me questa pretesa, ma... sai...per obbedienza mi occupo di... e via titoli su titoli, responsabilità su responsabilità, capacità su capacità, competenze su competenze tanto da rendere i biglietti da visita di alcuni confratelli un compendio di tutti i titoli possibili ed immaginabili. E scopri che nel regno di Dio vi sono cappellani sovra e sottonumerari, monsignori monsignorini e monsignoroni, preti che sono anche arcipreti e arcipreti che sono pure arcidiaconi, e ancora suddiaconi risorti e protonotari apostolici e camerieri di S.S. (Sua Santità a scanso di equivoci). Davanti a questo sfoggio di mondaneità come non ringraziare il Signore che ha tenuto per se, nel numero del suo protocollo personale, l'unico titolo evangelico del quale ogni cristiano dovrebbe andare orgoglioso: BAMBINO. Un titolo che si conquista giorno dopo giorno, che non è dato una volta per tutte, che richiede un cuore capace di riconoscere la propria più intima natura, quella dell'essere stato voluto ed amato prima ed al di là di ogni merito. Il bambino è quel livello della natura dell'uomo nel quale la dipendenza dai genitori è evidente, è quel livello della vita che sa, per esperienza, che solo mettendo la sua mano in quella del padre sarà capace di camminare senza cadere e quindi testimonia che la verà libertà è nell'appartenenza a colui da cui la mia vita dipende.
Consenti Signore alla tua chiesa di nominare e destituire ma impediscile di arrogarsi il diritto di dare la nomina di Bambino a qualcuno dei tuoi figli, continua a tenere per te questo diritto perchè sappiamo che tu timbri questo decreto con il tuo abbraccio ed è questo quello di cui più abbiamo bisogno.

giovedì 10 settembre 2009

Bugie... mezze verità ed omissioni

Sempre più spesso mi fermano per strada delle persone per chiedermi se siamo ancora attendati o fuori dall'Aquila. Ogni volta mi rendo conto di come l'informazione riesce a dirottare la notizia secondo il proprio punto di vista o secondo il punto di vista del "padrone", sia questo di destra, di sinistra, di sopra o di sotto. Mi si guarda strano quando dico che a L'Aquila in casa non c'è ancora nessuno, che il centro storico non è riaperto proprio per nulla e che quelle tre strade riaperte portano verso il nulla, un po' come quella giostra degli specchi dove sbattevi continuamente la faccia alla ricerca di un'uscita, che gli universitari non hanno luoghi dove andare una volta iscritti all'università, che le scuole, a dieci giorni dal loro inizio, non hanno ancora una sede completata e così via. Ma forse quello che più impressiona non sono le mezze verità o le bugie ma appunto le omissioni. Sfido a trovare una notizia sugli organi di informazione: Zapatero tra le condizioni messe agli aiuti della Spagna per la ricostruzione c'è quella di non destinare nemmeno un euro per il recupero di chiese e altri luoghi legati alla fede cattolica. Mi chiedo come mai una notizia del genere non ha trovato spazio su alcun giornale ma è rimasta nella cerchia dei destinatari? Povero Zapatero se sapesse che il castello spagnolo che lui sta contribuendo a restaurare conserva al suo interno un enorme patrimonio di arte sacra... forse dirotterebbe ulteriormente i suoi contributi al recupero di qualcuno dei vecchi casini o alla costruzione ex-novo di una moderna casa per appuntamenti. Meno male che c'è Vendola con tutte le sue tonnellate d'uva pugliese destinata ai terremotati senza distinzione alcuna di razza, religione, colore e sesso. Sempre di laicità si tratta, l'una ottusa in cerca di nemici, l'altra aperta che vede nell'altro la possibilità del mio stesso esserci. Meditiamo.





sabato 5 settembre 2009

Domenica 6 settembre 2009

+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Parola del Signore

Povera L'Aquila, così zavorrata, capace di voli sempre più bassi.




Ho trascurato il blog per una full immersion nella realtà. Vengo fuori da una intensa settimana aquilana e ciò che mi porto dietro e dentro è una profonda tristezza. Questa volta però non è dettata dalle macerie, dal silenzio assordante della città, dalle depressione che si taglia e si staglia un po' ovunque: mi rende triste la devastazione che ho visto nelle persone. Si il terremoto sta colpendo proprio al cuore dell'uomo. Mi aveva provocato l'editoriale di don Claudio sul numero 3 del quindicinale diocesano "Vola" e mi sono messo alla ricerca di quei segni dei quali lui indicava l'esito. Purtroppo non ho dovuto ricercare molto. Il male e il peccato hanno una capacità di autorigenerarsi spaventosa.
Mi chiedo:
- quale perdonanza ha celebrato chi, avendo case sfitte, doppie, triple, quadruple, le sta rendendo inagibili smontando il bagno o l'impianto di riscaldamento o altro, per evitare di farsele requisire dal Comune o dalla Protezione Civile per i bisogni di coloro che vivono la difficile situazione delle tende o dell'esilio sulla costa?
- quale perdonanza ha celebrato chi, e sono tanti, ha attraversato la porta santa per la pura curiosità di vedere Collemaggio distrutta? Sono stato a lungo seduto vicino l'urna di san Pietro Celestino ed ho potuto ascoltare molte telefonate di questo tipo.
- quale perdonanza ha celebrato colui che, pur avendo la possibilità di non pesare sullo stato e quindi sulla società, ha tenuto ben chiuse le proprie case al mare facendosi ospitare dalla tendopoli più vicina?
- quale perdonanza ha celebrato colui che da sempre ha avuto la casa a ridosso della montagna e quindi da sempre in situazione di potenziale pericolo e che ora dopo il 6 aprile se la vede classificare F, ma F lo era anche il 5 e il 4 e via a ritroso sino al giorno in cui ha costruito, e che non ha perso neppure un bicchiere ed ora è in lista per entrare nel progetto C.A.S.E. prendendo il posto magari di chi, avendo meno punteggio ma non più casa, rischia di restarne al di fuori?
- quale perdonanza ha celebrato chi ha sparato e spara a zero su coloro che si sono trasferiti sulla costa o altrove, ritenendoli traditori dell'aquilanità. Chi ha tradito di più, mi chiedo, colui che si è fatto da parte per lasciare spazio a chi non aveva altra soluzione che la tenda o colui che è rimasto costringendo a gestire numeri esorbitanti di assisititi? I "fiumi di Babilonia" di biblica memoria non ci hanno insegnato proprio nulla.
- quale perdonanza ha celebrato quella famiglia seduta dietro di me a Collemaggio che di fronte alla proposta del bambino di casa di ritornare passando per il lago di Campotosto ha scelto di vedere "questa famosa Onna, così vediamo come è ridotta"? Avrei risposto a tono se il mio colletto da prete non mi avesse richiamato ad una maggiore sobrietà nel linguaggio, cosa che per natura non mi appartiene. In fondo, mi sono detto, non è colpa loro, hanno visto fare la stessa cosa dai grandi della terra e hanno scopiazzato come solo i poveri sanno fare.
Bene ha pensato allora san Pietro Celestino di farsi un giro fuori dall'Aquila, la Sua Perdonanza non è certo questa, forse voleva cambiare aria. Ma se anche i santi se ne vanno via allora veramente c'è da preoccuparsi per la nostra povera città, novella Pompei fatta di macerie e tracce d'affresco, quello pagano, il nostro falsamente religioso.
P.S. Chiedo scusa al mio vescovo, so che non condividerà la mia analisi, prego perchè la sua visione, fondamentalmente positiva sia quella giusta, e prego anche affinchè la mia lettura della realtà sia resa falsa dagli eventi futuri. Fa nulla che ci perdo la faccia.