mercoledì 28 ottobre 2009
Festa di tutti i Santi.
Siamo ormai alla vigilia della festa di Ognisanti e una seria riflessione si impone alla nostra fede. C'è infatti il grande rischio di relegare la santità al solo giorno di questa festa, dimenticando che ogni giorno la liturgia della chiesa pone alla nostra attenzione l'esempio e l'intercessione di questi nostri fratelli e sorelle nella fede. Fratelli e sorelle che non hanno esitato a donarsi interamente a Cristo, rispondendo con generosità a quell'amore che ci precede, ci crea, ci vuole da sempre e nel quale siamo chiamati a vivere per sempre (ce lo ricorderà la commemorazione dei fedeli defunti del 2 novembre). Oltre al rischio di relegare la santità nel tempo c'è anche quello di relegarla nello spazio. Per molti di noi i santi sono delle statue, il più delle volte angelicate, lontane mille miglia dai reali problemi della vita. Per molti secoli la santità era prerogativa di preti, frati e suore. Grazie al pontificato di Giovanni Paolo II abbiamo scoperto che la santità è invece quella vocazione universale, quindi di tutti e di ognuno, di cui già parlava il Concilio Vaticano II. Sante mamme e papà, santi giovani e bambini, santi laici e religiosi, santi bianchi e neri e gialli. Veramente quella moltitudine immensa che ha lavato le vesti nel sangue dell'Agnello di cui parla il libro dell'Apocalisse. Mi ha fatto molta impressione ad esempio la prima volta che ho visto la statua di san Giuseppe Moscati, con il suo camice medico, lo stetoscopio nella tasca e quel tocco di modernità dato dai soli baffi, come un qualsiasi uomo incontrato al bar; niente saio, talare, scapolari e mozzette tricolori a sottolineare differenze ecclesiastiche solo miseramente umane. I santi ci dicono che l'abito del cristiano, quello vero, originale, è quello bianco, non come testimonianza di una purezza fisica, di una ostentata verginità, ma simbolo di una appartenenza al Signore risorto. Appartenenza dataci in dono nel battesimo, abbraccio di Cristo, e sempre in via di perfezione nella appartenenza diuturna alla vita della chiesa, alla sua sacramentalità, alla condivisione dell'unico Pane eucaristico e dell'unica Parola.
Santi cioè suoi, pur nella consapevolezza dei nostri limiti e dei nostri peccati, ma comunque suoi.
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Ciao!
RispondiEliminaRicordo nel 1990, per la mia prima volta al L’Aquila, ero militare a Rieti, che entrai nella chiesa di San Marciano e mi ricordo un sacerdote anziano, don Giuseppe con dei ragazzini, mi guardai intorno, anche se ora non ricordo molto, e poi chiesi chi era San Marciano e lui mi diede una cartolina antica in bianco-nero e un santino di san Marciano sempre in b\n… un sogno lontano, ma sono del Siognore... sacerdote!