SOS RICOSTRUZIONE.

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giovedì 31 dicembre 2009

Salva il tuo popolo Signore


Noi ti lodiamo, Dio
ti proclamiamo Signore.
O eterno Padre,
tutta la terra ti adora.
A te cantano gli angeli
e tutte le potenze dei cieli:
Santo, Santo, Santo
il Signore Dio dell'universo.
I cieli e la terra
sono pieni della tua gloria.
Ti acclama il coro degli apostoli
e la candida schiera dei martiri;
le voci dei profeti si uniscono nella tua lode;
la santa Chiesa proclama la tua gloria,
adora il tuo unico figlio,
e lo Spirito Santo Paraclito.
O Cristo, re della gloria,
eterno Figlio del Padre,
tu nascesti dalla Vergine Madre
per la salvezza dell'uomo.
Vincitore della morte,
hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre.
Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi.
Soccorri i tuoi figli, Signore,
che hai redento col tuo sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria
nell'assemblea dei santi.
Salva il tuo popolo, Signore,
guida e proteggi i tuoi figli.
Ogni giorno ti benediciamo,
lodiamo il tuo nome per sempre.
Degnati oggi, Signore,
di custodirci senza peccato.
Sia sempre con noi la tua misericordia:
in te abbiamo sperato.
Pietà di noi, Signore,
pietà di noi.
Tu sei la nostra speranza,
non saremo confusi in eterno.






giovedì 24 dicembre 2009

Finalmente...



Si... finalmente. Finalmente leggo, in un articolo di Avvenire di oggi, qualcosa che pur serpeggiando nell'aria e nel cuore di molti, non veniva mai espressa. Mi riferisco all'articolo su Giustino e sul suo modo di partecipare alla liturgia in generale e a quelle di questi giorni in particolare. Dopo tanti proclami, dopo tante crociate, dopo tante entusiastiche iniziative, tante promesse, tante più o meno false notizie, corsi della città riaperti, chiese agibili, bar del centro e vinerie affollate e le varie "L'Aquila Vola"... finalmente Giustino da voce ad un sentimento che tiene conto non delle intenzioni più o meno future ma del cuore sempre presente.
Riconosce anzitutto che questo sarà il natale più brutto della sua vita, nonostante la casa nuova, nonostante la chiesa nuova, nonostante una comunità non dispersa come la mia tra case, caserme, alberghi, mari e monti, nonostante Collemaggio come sede della messa di mezzanotte con ben due vescovi, nonostante il fatto d'aver avuto salva la sua vita... nonostante tutto sarà un brutto natale. Ci vuole poco a riconoscerlo, non è necessario uno sforzo depressivo, basta fermarsi un attimo e guardare alla propria umanità. Per nessun aquilano potrà essere un bel natale a meno che non si sia sostituito il cuore con una ideologia festaiola e banale.
Giustino chiama la sua partecipazione alla messa "uno sciopero", partecipa scioperando... «Ho continuato a chiedere perché. Perché mi sono stati strappati i miei figli, perché mio padre? E mi sono sentito come un operaio che lavora in un’azienda per tanti anni, e poi all’improvviso viene lasciato a casa, e decide di protestare, di scioperare anche, non perché voglia male al suo datore di lavoro, ma per fargli capire quanto è importante per lui lavorare, quanto si sente trattato ingiustamente». Lo 'sciopero' di Giustino, la prova immensa del Credo: lui non ha urlato al cielo, non ha smesso di andare in chiesa, non ha tolto la bella statua della Madonna di Lourdes dallo scaffale in cucina. Lui c’è. Ogni domenica, accanto a don Cesare e ai suoi compaesani. Sta lì. «Non faccio nulla, non partecipo alle celebrazioni come gli altri anni. Ma devo starci – continua – perché so che arriverà una risposta, prima o poi, so che vedrò il segnale, e capirò». Come un mendicante con il suo cappello rovesciato alla porta della chiesa che pur non chiedendo nulla con la voce mendica con la sua stessa presenza, con il suo stesso esserci. Grazie Giustino perchè avendo preso a cuore il tuo essere uomo e quindi bisognoso di trovare un senso alle cose e agli accadimenti, hai ridato vita ai tanti tristi di questo natale, cominciavamo a sentirci un po' fuori posto in mezzo a questo falso ottimismo ma forse che il vero natale non è un bambino e due giovani fidanzati che rischiano di morire dal freddo in mezzo ad una folla entusiasta per un censimento voluto dal potente di turno? Beato chi è chiamato a partecipare di quello stesso freddo perché, come ai pastori, una risposta arriverà, prima o poi, vedremo il segnale e capiremo.

giovedì 17 dicembre 2009



"Al cominciarsi della sacra novena in onore del santo Bambino Gesú il mio spirito si è sentito come rinascere a novella vita: il cuore si sente come abbastanza piccino per contenere i beni celesti; l'anima sente tutta disfarsi alla pre­senza di questo nostro Dio per noi fatto carne. Come fare a resistere a non amarlo sempre con nuovo ardore?!"


Mi è capitata sotto agli occhi questa lettera che san Pio da Pietrelcina scriveva ad una sua figlia spirituale proprio il 17 dicembre del 1914 e mi ha sorpreso, al di là del linguaggio che è figlio del tempo, la straodinaria testimonianza d'amore di quest'uomo verso Gesù. Anche per noi è iniziata la novena in onore di Gesù bambino ma quanti hanno sentito il proprio spirito rinascere, quanti hanno percepito una novità di vita? Spesso le nostre liturgie testimoniano una afasia che rende vano ogni tentativo di comunicazione della gioia divina. Non sentiamo piccolo il nostro cuore ma percepiamo piccoli i doni di Dio, quelli che p. Pio chiama i beni celesti. Siamo così presi dal possesso e dal desiderio dei beni terrestri che non percepiamo più l'esistenza di altri beni, quelli che rendono ricca e feconda la vita. Ed infine, quando anche siamo presi da momenti di vera religiosità, la domanda che ci facciamo è "come possiamo amare il Signore", puntando spesso su uno sforzo moralistico. San Pio capovolge la domanda: "Come resistere a non amarlo?" perchè il vero amore non si conquista con i nostri propositi spesso fallimentari ma solo con l'arrendersi ad uno sguardo che ti fa capire che tu sei tutto per lui.

Io sono tutto per Lui, come resistere a non amarlo?

mercoledì 16 dicembre 2009

Eppure non scendi dalle stelle...




Siamo al 16 dicembre, inizio della novena del natale.
Stamattina ero sveglio quando da lontano ho sentito una melodia natalizia. E' tradizione del mio paese celebrare la novena del natale, ma anche quella dell'Immacolata, la mattina presto, alle 5,30. Dalle 5,00 inizia a girare per il paese una macchina con l'amplificazione facendo ascoltare canti natalizi, il volume era rispettoso di chi dormiva, bisognava essere già svegli per poter sentire il canto. E' una bella tradizione, dice il senso dell'attesa, quando non c'è più notte e giorno ma ogni istante è proteso a colui che deve arrivare. Quando ero piccolo al suono della amplificazione seguiva il rumore delle tante scarpe che nel freddo e nel buio della notte affrettavano il loro passo verso la chiesa madre. Un freddo pazzesco, a volte la nebbia, più spesso la pioggia accompagnavano questi pellegrini dell'assoluto. Io andavo a dormire a casa di mia nonna, dalla lontana periferia della casa dei miei genitori verso il centro in modo da abbreviare il cammino. Non ricordo che sia mai suonata la sveglia ma era la voce di mia nonna a svegliarmi quando ancora don Nicola (il parroco) dormiva, alla voce seguiva il gesto del ribaltamento delle coperte, dal caldo accogliente di plaid e piumoni al freddo improvviso della stanza. Forse tutto questo ha contribuito ad una cordiale insopportabilità del canto "Tu scendi dalle stelle". Poetico ed innamorato di Gesù sant'Alfonso Maria de Liguori ma poco realista perchè se c'è una cosa che proprio Gesù non si è mai sognato di fare è quella di scendere dalle stelle. No lui non è sceso da nessuna parte, non si è confuso con gli ufo nè con Mazinga nè con alcun altro degli eroi moderni che arrivano da pianeti lontani, salvano o distruggono l'umanità e poi ritornano alle loro case. Lui ha chiesto d'essere accolto nella vita di una ragazza di Nazaret, gli ha chiesto un'adozione, prima a distanza poi nella carne. Ecco perchè quel freddo delle cinque di mattina mi ha fatto capire che Cristo chiede di nascere attaverso la nostra carne, attraverso i suoi brividi di freddo e di paura, nel percorso dentro la notte, sotto la pioggia, nell'indecisoine del cammino nella nebbia. Non i luoghi delle tante dogmatiche certezze sono quelli amati da Cristo ma le pieghe della vita e dell'anima umana. Grazie Signore perché anche oggi tu non scendi dalle stelle ma chiedi alla mia carne di partorirti al mondo e per il mondo e così mi dai l'opportunità di diventare anch'io Maria.

domenica 13 dicembre 2009

Cosa dobbiamo fare?



+ Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».

Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.


Parola del Signore
Giovanni ha scosso i cuori dei suoi ascoltatori, gli ha fatto vedere, o almeno percepire, una nuova possibilità, una novità di vita, ed ora gli stessi osano chiedere cosa è necessario fare per approdare a quella novità. Non sono ascoltatori prescelti, uomini di chiesa o di cultura, sono uomini della strada, le folle come le chiama Luca, i pubblicani i soldati perchè al di là di quello che si fa il profeta è colui che ha la capacità di parlare a ciò che si è: uomini capaci di percepire la propria finitudine e al contempo con la speranza di una vittoria infinita. Giovanni non cede ad un facile radicalismo ma resta in un autentico realismo, non chiede l'impossibile, non può chiederlo perchè non è il messia, chiede il fattibile; chi ha due tuniche... non esigete di più... non estorcete... Come sono attuali queste parole in giorni in cui l'estorsione sembra costume diffuso e condiviso. Abbiate il coraggio di ascoltare il vostro cuore il quale non riesce a rimanere indifferente quando incontra un uomo nudo per la strada e al quale riesce naturale condividere per coprire dalla vergogna e dal freddo. Che cosa dobbiamo fare? Ascoltare il proprio cuore ed il bisogno nel cuore del fratello, da Giovanni il battista in poi dare ed amare sono lo stesso verbo.
Ma c'è un secondo passaggio che non possiamo non fare. Quando cominciamo a profetare e a testimoniare c'è sempre il rischio d'essere scambiati noi per il messia. Quanto facilmente molti cadono in questa tentazione... o magari ci vanno così vicini che poi diventa difficile vedere la linea di confine. Nel post terremoto, ad esempio, di quasi-messia ne abbiamo visti tanti, alcuni mascherati da politici, altri da amministratori, altri da volontari, altri da manager, costruttori, giudici, tecnici ed infine, non possono mai mancare, da preti o uomini del sacro. A tutti coloro che si sono scordati che neppure il legaccio dei sandali siamo degni di slegare al vero messia occorre ricordare il fallimento sicuro che è dietro l'angolo quando ci poniamo come guide e salvatori. Noi come tutti, uomini in cammino di fronte ai tanti bivii dell'esistenza, sicuri solo dell'amore di Cristo dal quale nessun evento, disgrazia, delusione potrà mai separarci.

mercoledì 9 dicembre 2009

Preghiera a Maria dopo le tante parole sull'Immacolata



Santa Maria, donna feriale, forse tu sola puoi capire che questa nostra follia di ricondurti entro i confini dell'esperienza terra terra, che pure noi viviamo, non è il segno di mode dissacratorie. Se per un attimo osiamo toglierti l'aureola, è perché vogliamo vedere quanto sei bella a capo scoperto.
Santa Maria, donna feriale, aiutaci a capire che il capitolo più fecondo della teologia...è quello che ti colloca all'interno della casa di Nazareth, dove tra pentole e telai, tra lacrime e preghiere, tra gomitoli di lana e rotoli di Scrittura, hai sperimentato...gioie senza malizia, amarezze senza disperazioni, partenze senza ritorni.
Santa Maria, donna feriale,insegnaci a considerare la vita quotidiana come il cantiere dove si costruisce la storia della salvezza. Allenta gli ormeggi delle nostre paure, perché possiamo sperimentare come te l'abbandono alla volontà di Dio.
Torna a camminare discretamente con noi, o creatura straordinaria di normalità, che prima di essere incoronata regina del cielo,hai ingoiato la polvere della nostra povera terra.

sabato 5 dicembre 2009

II domenica d'avvento



+ Dal Vangelo secondo Luca


Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».

Parola del Signore.
Grande affresco, tipico dell'evangelista-pittore Luca, circa le coordinate geografiche, storiche, politiche e religiose. Abbiamo un elenco di tutti gli uomini potenti del tempo, non solo potentati politici ed economici, ma anche potentati religiosi, ebbene è vero anche la religione può diventare imposizione violenta di una visione della vita e dell'uomo.
Ma, scherzi della provvidenza divina, la Parola di Dio, la Parola eterna che è stata l'inizio della creazione tutta, scende su un uomo ai margini. Lontano dai palazzi del potere, nel segreto di un arido deserto Giovanni attende il rivelarsi della sua vocazione. Non sappiamo da quanto Giovanni era nel deserto, ma possiamo immaginare l'attesa che lo abitava. Il deserto, luogo della prova e dell'amore, arido d'acqua ed avaro di cibo ma fecondo di interiorità e generoso di silenzio, questo deserto diventa il Luogo scelto da Dio per rivelarsi, per comunicarsi, dopo lunghissimo silenzio, all'uomo smarrito e forse ormai a-teo, senza Dio perchè Dio a lungo stava tenendo il muso, era silente, era assente. Snobba palazzi sontuosi e sinagoghe oranti per scendere su di un affamato e gli affida un bando, un annuncio, una possibilità.
Immergetevi, questo il primo significato della parola battesimo, immergetevi in Dio, cambiate vita e mentalità, lasciatevi avvolgere dal fiume della divina presenza, permette ad essa di avvolgere la vostra vita, fate in modo che l'alta marea del Giordano possa rivestirvi di una nuova umanità.
Usciti dal fiume camminare per il mondo lavorando affinchè ogni ostacolo sia tolto sulla via dell'incontro. Ci sono abissi da colmare, abissi di dolore, di vuoto, di non senso, di solitudine; ci sono strade da rendere dritte affinchè, intravvedendo la meta, le gambe ormai stanche ritrovino forza per un passo ulteriore, perchè nessuna strada sdrucciolevole possa mandare fuori percorso un qualsiasi viandante; ci sono colli e monti da abbassare, i colli del pregiudizio, i monti dell'orgoglio, di un io sempre più dio, i monti della mia saccente ragione, i colli del mio perbenismo che nascondendomi mi rendono invulnerabile al fratello e a Dio stesso.
Perchè mai tutto questo lavoro?
Ogni uomo, e quindi anch'io e anche tu, ogni uomo vedrà la salvezza di Dio. Vedrà ciò che gli occhi non si stancano di guardare, la mia vita realizzata e piena.

domenica 29 novembre 2009

Vicini a Bertolaso

La parrocchia di san Marciano a L'Aquila e questo blog sono vicini al sottosegretario Guido Bertolaso in questo momento di lutto per la morte del papà. Chiediamo, nella preghiera, la pace nella dimora dei santi per il papà e la consolazione per il dott. Bertolaso e i suoi familiari.

venerdì 27 novembre 2009

Piccoli miracoli feriali.




Grazie ad un'amica che mi ha prestato l'automobile questa settimana ho potuto incontrare un po' di persone che non vedevo da tempo, alcune da prima del terremoto, e come sempre l'incontro rivela aspetti sconosciuti, misteriosi. Tra le persone incontrate c'è stata una giovane mamma che sprizzava serenità, pace, positività. Mi ha detto che la loro casa era da abbattere e che ora vivevano in una casa del progetto C.A.S.E. (scusate il gioco di parole). A questo punto mi sono sorpreso della sua serenità ed ho pensato che probabilmente aveva un buon lavoro, lei o il marito, ed imprudente gli ho chiesto: il lavoro tutto bene? Mi risponde: siamo disoccupati! Mi sono pentito di quella domanda fatta e forse lei lo ha capito ed ha aggiunto: Il Signore non ci sta facendo mancare nulla, è così delicato con noi.
Questi sono quegli incontri che ti cambiano la giornata e forse anche la vita.
Grazie alla solidarietà degli amici di Tuglie ho sempre a disposizione piccole somme di denaro proprio per tentare di rispondere a queste situazioni sconosciute ai mass media per i quali va tutto alla grande, tutto è risolto, sconosciute anche alle grandi associazioni di volontariato che credono che basta dare un tetto ed una scuola, costruire centri polivalenti e studentati per risolvere tutto, situazioni che all'improvviso ti si rivelano in quanto prete. Ho preso ciò che avevo a disposizione in quel momento e glielo dato, non era una grande somma ma pur sempre dignitosa perchè esito di una catena d'amore partita da lontano nello spazio ma accanto nel cuore.
Quasi a scusarmi ho aggiunto: Il dolce per il pranzo di oggi te lo offrono questi amici per i quali ti chiedo un'Ave Maria. Ha guardato quei soldi e mi ha risposto: e se oggi qualcun altro ha più bisogno di noi come farai? -La provvidenza - gli ho detto - ci penserà.
Con questi - mi dice- ho imparato a farci la spesa per un mese. Ed io ho pensato a quei cinque pani e due pesci di cui si parla nel vangelo ed ho capito ancora una volta che la fede non è una pia favola per pie devote ma una sfida che ti fa vivere nella realtà con uno sguardo diverso. E se ha un senso ancora fare il prete a L'Aquila, dove tutto è diventato corsa, moneta, burocrazia, denuncia, veleni, forse sta proprio in questi incontri imprevisti con la folle dei semplici che desiderano "sentirLo parlare".
Ed è il mio natale.

lunedì 23 novembre 2009

Festa di Cristo re


La liturgia della Parola nella festa di Cristo re propone il brano del vangelo di Giovanni nel quale si descrive il dialogo tra Gesù e Pilato. Dialogo che avviene alla vigilia della morte stessa di Gesù, il quale di fronte all'insistenza di Pilato proclama la sua regalità pur precisando che si tratta di un regno che non segue la prassi ne i fini dei regni temporali. Eppure la chiesa ci ha messo XX secoli per istituire ufficialmente questa festa, infatti è solo nel 1925 che Pio XI, con l'enclica "Quas primas", rende ufficiale questo culto.
Sono anni in cui si stagliano all'orizzonte le grandi e terribili ideologie del novecento, il fascismo e il nazismo, il comunismo ha già preso terreno nel'est dell'Europa. Sono tutti movimenti di pensiero e d'azione che pretendono di dire la parola definitiva sull'uomo, sulla sua vita ed il suo senso. Ideologie che porteranno l'uomo a toccare il fondo dell'abisso e della brutalità in nome di una società perfetta, di un uomo potente, di una razza pura. Di fronte a questo scenario la chiesa sente il dovere profetico di proclamare e confessare a gran voce Colui che è l'unico re da adorare, re in quanto salvatore dell'uomo e di ogni uomo, senza distinzione di razza, cultura, ceto.
Letta così questa festività potrebbe apparire anacronista, superata. Eppure vi è una modernità anche in questa festa. Sempre poteri palesi od occulti pretendono dirci chi siamo, a chi apparteniamo, come vivere, con chi vivere e quanto vivere, cosa ci basta e cosa possiamo o dobbiamo desiderare. Ecco allora che anche questa festa diventa importante in quanto costringe ognuno di noi a riflettere per cercare di capire a quale regno apparteniamo, di quali poteri siamo succubi o a quali potentati ci siamo prostituiti. Qui nasce la sfida: se soddisfatti oppure inquieti, se in pace oppure in agonia.

sabato 14 novembre 2009

Domenica 15 novembre 2009



+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione,il sole si oscurerà,la luna non darà più la sua luce,le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».

Parola del Signore

Siamo ormai verso la fine dell'anno liturgico, orientati verso la festa di Cristo re e la Parola di Dio assume una veste escatologica, parola che può sembrare difficile ma che in realtà dice tutto ciò che parla delle cose ultime.
L'escatologia ama usare figure e simboli di un certo impatto visivo ed emotivo per spronare il credente alla lettura attenta dei segni dei tempi, ad invitare il battezzato a vivere il carisma della profezia, cioè il carisma che ti aiuta a penetrare gli eventi per leggerli alla luce della rivelazione divina, con gli occhi di Dio.
Ed ecco il miracolo: tutto ciò che umanamente appare come sconfitta, distruzione, lutto, buio diventa il preludio della sua venuta. Ed è proprio vero che questo accade prima del passaggio di questa generazione, della nostra, della mia perchè essendo Cristo risorto ogni generazione è contemporanea a Lui quindi ogni generazione deve misurarsi con la sua misura. Chi più di noi può sapere questo, generazione del terremoto. Generazione che ha vissuto l'oscuramento del sole e della luna, che ha vissuto il buio della paura e dell'angoscia e della morte.
Quando tutto questo accadrà Egli è alle porte... non con la falce e la bianca maschera della morte ne brandendo file interminabili di teschi quasi a compiacersi della sua potenza ma con la grande apertura delle sue braccia, segno dell'infinito amore del suo cuore, che raduneranno tutti gli eletti realizzando quell'ecclesiologia di comunione tante volte tentata ma sempre incompiuta. Stare in questo abbraccio è quello che ci viene chiesto, nulla di più e nulla di meno.
Questo blog nasce come condivisone della vita della parrocchia, la condivisione più importante è sicuramente la riflessione sulla Parola di Dio, so che molti di voi leggono fedelmente questi tentativi di omelia a distanza. Ma oggi c'è anche un avviso da dare: il papa ha nominato vescovo ausiliare di L'Aquila il presbitero orionino don Giovanni D'Ercole, noto anche al grande pubblico per le sue trasmissioni televisive. Per lui sia la nostra preghiera affinchè possa essere al di là del ruolo il primo testimone di quell'abbraccio al quale si faceva riferimento nella meditazione di prima.




sabato 7 novembre 2009

Domenica 8 novembre 2009



+ Dal Vangelo secondo Marco


In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».


Parola del Signore.
Ci sono due cose che colpiscono nel brano della Liturgia della Parola di questa domenica. C'è un Gesù che educa, mette in allerta, richiama affinchè non entri in noi il virus dell'apparire; c'è un Gesù che invita, esorta a guardare verso coloro che possono testimoniare la virilità amante della testimonianza autentica.
Anzitutto il richiamo a non lasciarsi ammaliare da ciò che appare. Spesso infatti siamo portati a giudicare chi ci sta di fronte in base ai suoi abiti, ossia alle sovrastrutture messe per celare la vera identità, cadendo nell'errore di far coincidere l'apparire con l'essere. Purtroppo anche la chiesa, nei suoi uomini, non è esente da tale tentazione. Abiti lunghi, filettature colorate, fasce e organze varie, indossate per la gloria di Cristo e per tentare di comunicare la bellezza e l'armonia della liturgia celeste, spesso diventano suppellettili vanitose a copertura della nostra pochezza, lapidi pregiate destinate a nascondere vermi d'uomo. Gesù ci porta ad un livello più profondo di giudizio. "Guardatevi" da coloro che amano farsi notare, guardatevi dalle primedonne, dalle dame di corte, guardatevi da chi si traveste da uomo pio ed orante al solo fine d'essere notato e lodato, per accaparrarsi i primi posti nelle assemblee di coloro che contano, da chi ama frequentare i salotti dei potenti per avere anch'essi, magari per osmosi, pezzi di potere. Il giudizio per loro sarà più severo.
Ma Gesù non mette in evidenza solo i comportamenti negativi dai quali stare alla larga. Indica anche quanto di positivo e di autentico circonda la vita del tempio, non quindi la polemica per la polemica ma l'attenzione alla realtà per una crescita della propria umanità secondo la giusta prospettiva.
Lui si guarda intorno pronto ad additare il giusto, ciò che ha valore infinito e per questo eterno e lo trova nella vedova che dona tutto ciò che possiede, si dona totalmente senza calcoli e tornaconti, anticipa il dono che Gesù stesso farà sulla croce. La vedova diventa così prefigurazione ed anticipo di Gesù, diventa cioè donna trasparente affinchè nei suoi gesti possa risplendere la persona di Gesù stesso. Questa trasparenza da compimento pieno alla nostra umanità e la realizza in quanto la libera da tornaconti e pretese che, se poi non arrivano, prostrano la nostra autostima per la quale siamo disposti a sacrificare tutto della nostra vita.

martedì 3 novembre 2009

La mamma dei cretini è...






Credetemi mi sforzo d'essere un buon prete, pio, devoto... ma devo riconoscere che non sempre mi riesce, forse perchè non credo fino in fondo che il buon prete sia quello pio e devoto ma chi si mette al servizio della verità, smascherando quel perbenismo e quella falsa religiosità che usiamo come autodifesa di fronte ad una fede esigente ed esistenzialmente drammatica. In questi giorni ci sono state molte occasioni che, come un pungolo fastidioso, non mi hanno permesso di rinchiudermi nella sacrestia (simbolicamente visto che in realtà non ho alcuna sacrestia dove rinchiudermi).


- Leggo che una nota associazione di studenti universitari chiede la gestione della casa dello studente, quella realizzata con i fondi della regione Lombardia, sia affidata all'ADSU in modo da garantire una trasparenza altrimenti messa in dubbio. Mi chiedo perché questa associazione sottolinea soltanto il contributo in denaro, pubblico, della regione Lombardia ed evita di dire che se la realizzazione di quella costruzione è stata possibile è grazie al generosissimo contributo della diocesi dell'Aquila che ha messo a disposizione il terreno sul quale sorge la nuova casa dello studente, unica realtà nata per rispondere alle esigenze reali degli studenti. Da ogni altra istituzione sin'ora si sono avuti solo slogan, fumo, senza alcuna sostanza. Dove sono il comune? la provincia? la regione? l'università? il ministero? Dove sono le persone e dove sono i terreni di tutti coloro che hanno gridato che L'Aquila deve far tornare gli universitari, che 30.000 presenze erano il volano dell'economia della città e che quindi non ci si poteva permettere il lusso di trascurare una fetta così consistente della vita della città? Cosa hanno fatto concretamente questi pseudo strateghi della città futura? E poi forse che non ci è bastato il primo crollo e quei ragazzi morti sotto le macerie di via XX settembre? Dobbiamo riaffidare alle stesse incapacità anche il futuro di questa città? Beh non mi sembra proprio il caso. Studiate cari amici delle associazioni studentesche, studiate di più e vi accorgerete che non l'ideologia costruisce una società più umana ma solo la condivisione delle risorse e la gestione intelligente della realtà.


- Ha fatto scalpore la notizia di don Giovanni Gatto, confratello parroco di Tempera, che per richiamare i suoi fedeli alla messa di tutti i santi ha fatto affiggere dei manifesti stile funebri, uno stratagemma per richiamare l'attenzione della gente. Plaudo alla fantasia di don Giovanni e contemporaneamente sottolineo, se ancora ce ne fosse bisogno, la faziosità e le bugie scritte su alcuni quotidiani. Il Corriere del Veneto, il Gazzettino, il Tempo, Leggo, ed altri quotidiani riportano la notizia che don Giovanni si è dato per morto pur di richiamare i fedeli. Di fronte a questa trovata i soliti benpensanti si sono scatenati accusando il povero parroco di non aver avuto rispetto per i morti, quelli veri, di aver bevuto un bicchiere di troppo, di essere la dimostrazione vivente di come la chiesa sta perdendo colpi e terreno e chi più ne ha più ne metta. Ebbene vi riporto il manifesto e traete voi le conclusioni.




- La corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha sentenziato che il crocifisso deve sparire dalle aule scolastiche perchè potrebbe turbare la sensibilità di coloro che non credono o seguono una fede altra, diversa. Anzitutto permettetemi di dubitare di una corte che di fronte a problemi ben più gravi perde tempo a sentenziare su un pezzetto di legno messo tra cartine geografiche, politiche, anatomie del corpo umano, annunci sessuali accompagnati dal relativo numero di cellulare ed insulti ai professori. Mi chiedo da quanto questi giudici non entrano nelle scuole italiane? Ma mi chiedo anche da quanto tempo non vi entrano i nostri vescovi. Fate voi la prova, chiedete di entrare in classe, guardatevi intorno, se trovate un crocifisso appeso alle pereti potete ritenervi fortunati, ma non illudetevi che quella classe è più cristiana delle altre, è solo che non si è trovato ancora un altro obiettivo per lo sport del "prendilo di mira con il cancellino". Il mio libro "Dio al Liceo..." nasceva proprio in un contesto del genere, quando mi sono accorto che pur essendoci appeso il crocifisso poi di fatto Dio era completamente assente, cacciato silenziosamente da programmi ministeriali e da insegnanti di religione divenuti ormai innocui professori di etica, di educazione stradale, di educazione civica, esperti di videoregistratori da usare come valium per le coscienze. Ma se il criterio di giudizio è quello del rispetto delle coscienze allora perché non eliminare pure il quadro del Presidente della Repubblica? Potrebbe urtare la sensibilità degli anarchici o di coloro che non sono cittadini italiani. Mettiamo in ogni classe i presidenti di tutte le repubbliche presenti in quella scuola. Togliamo la bandiera nazionale, potrebbe urtare la sensibilità dei daltonici, si sentono esclusi se non riescono a distinguere i colori. Ma suggerirei di togliere anche le sedie, non si sa mai potrebbero rimanerci male i sofferenti di emorroidi. E togliamo lo studio dei poeti, con le loro lagne favoriscono l'insorgere della depressione giovanile. Ma forse ho trovato la soluzione giusta: prendiamoci lo stipendio e togliamo gli studenti, perché violentarli ad apprendere? Una massa di pecoroni ignoranti la si porta dove si vuole. Pensaci Gelmini, pensateci anche in Europa... Ministro per i pecoroni? ... Vi suggerisco Emma Bonino, sempre in prima linea quando si tratta di abbassare all'istinto il livello intellettivo dell'Uomo.


mercoledì 28 ottobre 2009

Festa di tutti i Santi.


Siamo ormai alla vigilia della festa di Ognisanti e una seria riflessione si impone alla nostra fede. C'è infatti il grande rischio di relegare la santità al solo giorno di questa festa, dimenticando che ogni giorno la liturgia della chiesa pone alla nostra attenzione l'esempio e l'intercessione di questi nostri fratelli e sorelle nella fede. Fratelli e sorelle che non hanno esitato a donarsi interamente a Cristo, rispondendo con generosità a quell'amore che ci precede, ci crea, ci vuole da sempre e nel quale siamo chiamati a vivere per sempre (ce lo ricorderà la commemorazione dei fedeli defunti del 2 novembre). Oltre al rischio di relegare la santità nel tempo c'è anche quello di relegarla nello spazio. Per molti di noi i santi sono delle statue, il più delle volte angelicate, lontane mille miglia dai reali problemi della vita. Per molti secoli la santità era prerogativa di preti, frati e suore. Grazie al pontificato di Giovanni Paolo II abbiamo scoperto che la santità è invece quella vocazione universale, quindi di tutti e di ognuno, di cui già parlava il Concilio Vaticano II. Sante mamme e papà, santi giovani e bambini, santi laici e religiosi, santi bianchi e neri e gialli. Veramente quella moltitudine immensa che ha lavato le vesti nel sangue dell'Agnello di cui parla il libro dell'Apocalisse. Mi ha fatto molta impressione ad esempio la prima volta che ho visto la statua di san Giuseppe Moscati, con il suo camice medico, lo stetoscopio nella tasca e quel tocco di modernità dato dai soli baffi, come un qualsiasi uomo incontrato al bar; niente saio, talare, scapolari e mozzette tricolori a sottolineare differenze ecclesiastiche solo miseramente umane. I santi ci dicono che l'abito del cristiano, quello vero, originale, è quello bianco, non come testimonianza di una purezza fisica, di una ostentata verginità, ma simbolo di una appartenenza al Signore risorto. Appartenenza dataci in dono nel battesimo, abbraccio di Cristo, e sempre in via di perfezione nella appartenenza diuturna alla vita della chiesa, alla sua sacramentalità, alla condivisione dell'unico Pane eucaristico e dell'unica Parola.
Santi cioè suoi, pur nella consapevolezza dei nostri limiti e dei nostri peccati, ma comunque suoi.

martedì 27 ottobre 2009

Divieto di accesso a Dio


Come ti caccio Dio in punta di piedi.

LETTERA PUBBLICATA SU AVVENIRE DI DOMENICA 25 OTTOBRE 2009

L’Aquila: per Messe non più sotto le tende.

Caro Direttore, vorrei segnalarle una situazione che si va facendo ogni giorno più grave: la condizione dei preti dell’Aquila e delle zone terremotate d’Abruzzo. È noto ormai l’impegno a smantellare prima possibile tutte le tendopoli, cercando sistemazioni più adeguate per i terremotati, con l’arrivo prematuro del freddo invernale che, posso assicurarlo, in una città come l’Aquila non è uno scherzo. È noto, inoltre, che i nuclei familiari più numerosi troveranno alloggio nelle abitazioni temporanee costruite rapidamente in questi mesi, alcune delle quali sono già state consegnate. Non è noto, purtroppo, che almeno la metà degli aquilani non troverà sistemazione in quegli alloggi e tra queste persone vi sono tutti, ma proprio tutti, i sacerdoti dell’Aquila. Il motivo risiede nel fatto che gli alloggi vengono assegnati in base al numero dei componenti il nucleo familiare, e dunque tutte le persone singole e i nuclei di due e anche tre persone restano esclusi. Per queste persone vengono adottate soluzioni come case in affitto o alberghi in altre città (Sulmona, Avezzano, Pescara ecc). Va da sé che un sacerdote che debba celebrare anche solo due sante Messe deve viaggiare tutti i giorni verso L’Aquila, ma questo sarebbe un problema di poco conto se non fosse che una volta giunto in città quel sacerdote non ha un posto dove stare né soprattutto dove celebrarla, la Messa. Con lo smantellamento delle tendopoli, infatti, si stanno smantellando anche le uniche «chiese» funzionali, cioè le tende. Mi è capitato la scorsa domenica di girovagare per le tendopoli rimaste, in cerca di una Messa, e l’ho trovata dopo molto solo perché un sacerdote esacerbato aveva impedito lo smantellamento di una tenda-chiesa «occupandola», perché doveva celebrare un Battesimo e non sapeva dove altro andare. Nessuna struttura sostitutiva, da adibire a chiesa, si sta realizzando. E se qualcosa è stato previsto è ancora tutto sulla carta, mentre le tendopoli saranno smantellate completamente entro pochi giorni. Vorrei segnalare che dopo il 6 aprile solo tre chiese sono rimaste agibili in tutta una città che conta 70 mila residenti. È evidente che in questo modo si lacera il tessuto sociale di una comunità e soprattutto si fa mancare una importantissima forma di assistenza, quella spirituale. Non si può lasciare una città così grande senza preti, senza chiese, senza luoghi di aggregazione: è come dire di volerla lasciare senza Dio. Così quel Dio che la scorsa domenica ho visto farsi pane sotto una tenda di fortuna, mantenuta in piedi solo dal coraggio di un prete esasperato, viene scacciato perfino da quelle tende, viene scacciato come 2000 anni fa. Solo che a L’Aquila, purtroppo, non abbiamo più neanche una stalla dove poterlo ospitare.
Un caro saluto.
Alessia Pelini

Premetto che non conosco la signora Pelini ma ho provato un certo piacere nel leggere la sua lettera (che riporto sopra) sull'Avvenire di domenica 25 ottobre u.s.
Sono mesi, ed esattamente da quando ho letto i criteri proposti dal comune di L'Aquila per l'assegnazione degli alloggi ed in generale per tutto quel che riguarda il progetto C.A.S.E., che evidenzio come di fatto non sono stati cacciati solo i preti dalla città ma addirittura Dio stesso è stato di fatto estromesso dalla vita delle persone. Eppure nessuno di noi è andato via, ma tutti e dico tutti, siamo rimasti sul campo, con enormi sacrifici, per assicurare la nostra vicinanza, umanamente povera ma portatrice di una grazia soprannaturale, a tutti i fratelli e le sorelle colpite dal terremoto.
Cosa accadrà quando a Bazzano o a Cese di Preturo o a Paganica 2, Sassa 3, Roio 4 e così via si sentirà la necessità di iniziare la catechesi dei fanciulli in preparazione ai Sacramenti? Come saranno festeggiate le feste patronali a cui il nostro popolo è tanto legato? E quando si dovrà fare un funerale o un matrimonio? Perché non si è pensato, non dico ad una chiesa vera e propria (con il nichilismo e l'anticlericalismo imperanti i borghesi ben pensanti avrebbero ottenuto le pubbliche scuse se non addirittura le dimissioni di Bertolaso) ma almeno ad una sala polifunzionale che all'occorrenza potesse fungere anche da sala della comunità. Allora i cittadini troveranno facile sparare sulla croce rossa (alias sul prete che non c'è) perchè è sempre più facile colpire chi sta in trincea e non coloro che siedono in comode poltrone, dietro scrivanie lontane anni luce dalla vita della persone. Dare una casa non vuol dire mettere sotto un tetto una persona (sarebbero comodi loculi e nulla di più) ma vuol dire creare una serie di possibili relazioni tra i soggetti in modo da permettere una vita dignitosa e sociale. Al momento purtroppo nessuno sembra accorgersene, si sta riducendo tutto ad economia, burocrazia, carte da compilare e soldi da ricevere. Ma quando questa politica si dimostrerà incapace a risolvere il problema dell'uomo allora ho paura si di un esodo apocalittico dalla città. Amici aquilani non credete a chi promette le C.A.S.E. come situazione provvisoria, li dovremo trascorrere molti anni della vita, alcuni li nasceranno, molti li moriranno senza più rientrare alle loro abitazioni. Non accontetiamoci di sopravvivere alla meno peggio in attesa di tempi migliori, rischiamo di morire delusi, ma trasformiamo questo tempo che ci vien dato nel tempo migliore da vivere. Per quanto mi riguarda voglio essere protagonista della mia vita e non un numero in un elenco di assistiti. Facciamo in modo che L'Aquila non diventi un grande R.S.A. (Ricovero sanitario assistito, alias ospizio) ma nascendo secondo le esigenze vere dell'uomo possa essere modello per uno sviluppo umanamente sostenibile e fruttuoso.
Una società senza Dio è destinata alla violenza ed al sopruso del più forte, del più scaltro, del più furbo che quasi sempre coincide con il più cretino. Volare alto potrebbe essere il nuovo imperativo categorico di questa nostra fase di vita.

lunedì 12 ottobre 2009

"Una cosa sola ti manca..." Domenica 11 ottobre 2009




+ Dal Vangelo secondo Marco


In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».
Parola del Signore.
Ho celebrato l'eucaristia nella caserma della Guardia di Finanza a Coppito, la prima volta di nuovo a L'Aquila da quel 6 aprile cha ha cambiato la vita e le abitudini a tutti noi. Non poteva esserci Liturgia della Parola più adatta di quella odierna per riprendere, guardando all'essenziale, le fila di rapporti vecchi e nuovi e per ridare senso e speranza alla mia stessa ministerialità. Infatti nel vangelo di oggi vi è la ricetta dell'eterna giovinezza, cioè la ricetta per mantenere un cuore aperto alla novità, alla speranza, al sogno, al futuro. Sino a quando il mio cuore saprà mantenere desta la domanda sulla vita eterna la vecchiaia non troverà spazio nella mia vita. Si può essere giovani anche a cento anni se solo si avrà il coraggio di chiedere a Colui che solo può rispondere il dono del senso della vita, il legame che unisce il momento che vivo, lieto o triste, al tutto cui anelo, ciò che salva l'effimero di cui tutto sembra consistere con il fondamento che pur percepiamo nelle cose e negli eventi, che desideriamo ci sia affinchè non tutto vada perduto nell'oblio della inconsistenza. Ci sono incontri ed eventi che ripropongono prepotente la domanda. Il terremoto è sicuramente uno di questi. Al di la delle umane, umanissime lamentele, cosa può dare consistenza e senso a questo evento? Cristo ci rimanda immediatamente alla Legge e alla sua obbedienza ma molti di noi hanno fatto tutto questo sin dalla giovinezza, non io che non brillo per santità di vita. Ma pur essendo stati fedeli ai comanadamenti di Dio, si fa fatica a capire e quindi scatta una profondità di verifica e di domanda. Tutto questo l'ho fatto sin dalla giovinezza ma non mi corrisponde pienamente, non basta. Di fronte alla profondità della domanda, di fronte all'abisso da cui scaturisce, Cristo non può fare a meno di trasformarsi da Maestro ad Innamorato. Ed ecco la provocazione: giocati in un rapporto personale con me, come a dire frequentiamoci, stammi vicino, camminami accanto... come forse suggerisce l'immagine che ho scelto per questo post, abbi il coraggio di mettere quella tessera che sola può completare il tuo cuore, tessera pericolosissima perchè una volta posta permette al sangue di pulsare in tutto il corpo, cortocircuita l'umano che è in te provocando scintille che devono infiammare ciò che ti circonda. Il giovane ricco non ha il coraggio di darsi ad un Altro, resta chiuso nelle certezze che gli vengono dai suoi beni , non scommette sull'imprevisto. A noi resta la provocazione fatta a Pietro: il centuplo quaggiù e la vita eterna. Una provocazione da accettare anche perchè, personalmente, non vedo altra ipotesi così corrispondente a ciò che cerco.

sabato 3 ottobre 2009

Domenica 4 ottobre 2009

+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

Parola del Signore.
Nessuna parola è più lontana dalla sensibilità dell'uomo contemporaneo come quella che pronuncia oggi Gesù. Ma dobbiamo riconoscere che questa parola purtroppo è lontana anche da chi si professa cristiano. Le nozze, lungi dall'essere concepite come una vocazione che nascendo da Cristo, ha come senso ultimo la testimonianza di come il Signore ama la sua chiesa, sono divenute "matrimonio". Il matrimonio, così come il patrimonio, sono parole che hanno una origine latina e dicono il munus, cioè il diritto della madre o del padre. Le nozze cristiane non dicono il diritto di nessuno ma testimoniano il dilatarsi di quell'esperienza dell'amore che ha in Cristo la sua origine. Come il sacerdozio, come la vita consacrata, così l'unione dell'uomo e della donna è l'esito di un amore che, riversato in modo sovrabbondante nel cuore del singolo, chiede, urge di comunicarsi, esplode in mille e mille direzioni, investendo della sua soavità tutto ciò che incontra nella sua traiettoria. Ho sempre ripetuto agli sposi che chiedevano di fare con me un cammino di preparazione al sacramento delle nozze che loro primo compito era quello di richiamare immediatamente a Cristo, possibilmente senza scandalo. Così come quando si vede per strada un prete, una suora, un frate si è richiamati a Cristo, anche per gli sposi cristiani dovrebbe valere la stessa cosa. Forse secoli di clericalismo hanno depauperato questo sacramento, ne hanno svilito la portata profetica e santificante. E' giunto il momento di riprendere sul serio la teologia delle nozze così come è suggerita dalla Sacra Scrittura affinchè la dignità del laicato possa finalmente esplodere con tutta la sua potenzialità all'interno della chiesa di Cristo.

venerdì 2 ottobre 2009

Articolo pubblicato su Avvenire di venerdì 2 ottobre


LETTERA
QUANTO VALE IL LEGAME CREATO DAL BATTESIMO?
Caro Direttore, da sempre ho creduto che il legame che si stabilisce tra le persone mediante il sacramento del Battesimo sia di gran lunga superiore ad ogni altro legame. I legami naturali o di sangue, ad esempio quelli con la propria famiglia, il proprio paese, sono imposti dalla vita. Altri legami invece si scelgono: gli amici, il marito, la moglie. Il legame che si instaura attraverso il Battesimo supera sia l’uno che l’altro, non è propriamente un legame naturale ma non è neanche un legame scelto, possiamo dire che come già Paolo VI diceva della Chiesa è un legame «sui generis». Ci lasciamo liberamente abbracciare da un amore che ci precede e che scegliamo come fondamento della nostra vita e del suo senso ultimo e definitivo. Ed ecco superati tutti gli ostacoli di nazionalità, di sesso, di condizione sociale, di colore, nel battesimo tutti siamo inseriti in quell’unico Corpo di Cristo che è la Chiesa, per cui la gioia di uno dei suoi membri diventa per tutti così come il dolore di uno diventa il dolore di tutti. Questa ultima cosa ce l’ha ripetuta benissimo ed in maniera chiara il papa nel suo discorso a L’Aquila, durante l’incontro con le popolazioni colpite dal terremoto. Alla luce di tutto questo mi risulta difficile capire come possano alcuni giornalisti, da buoni cristiani quali dicono di essere, collaborare alle aggressione portate nei confronti della Chiesa e dei suoi uomini. Mi riferisco al caso Boffo, che poi tanto «caso» non è, ma è persona con cuore, sentimenti, professionalità e una storia che chiedono rispetto, al vero o presunto gelo tra governo e Vaticano e altre strumentalizzazioni assortite. Legittime sono le diversità di opinioni e valutazioni, ma la comunione che nasce dalla Croce di Cristo quella no, non si può svendere mai.
don Bruno Tarantino L’Aquila

lunedì 28 settembre 2009

I precetti del Signore fanno gioire il cuore.

Ho scelto come titolo di questo post il ritornello del salmo responsoriale con il quale abbiamo pregato ieri, domenica 27 settembre.
Mi è capitato di partecipare alla messa da semplice fedele quindi ho potuto notare, con maggiore libertà e senza filtri ne maschere, l'atteggiamento della maggior parte dei fedeli. Lungi da me il cadere nei luoghi comuni di chi all'uscita della messa interroga i partecipanti circa le letture o l'omelia, sicuro di prendrli alla sprovvista e quindi dimostrare la disattenzione con la quale si partecipa all'eucaristia.
Ho fatto invece un lavoro forse più impressionante: ho guardato sul momento, in presa diretta, le espressioni di chi ripeteva quel ritornello. Era evidente uno scollamento tra ciò che si proclamava con le labbra e ciò che proclamava il corpo.
Se fosse entrato uno straniero, a zero in conoscenze circa la nostra lingua, in chiesa in quel momento mai e poi mai avrebbe sospettato ciò che le labbra dicevano. Una indifferenza e a volte anche una certa tristezza solcavano i visi dei miei vicini di banco. Come è possibile staccare così automaticamente la fede dalla vita, la Parola dalla realtà? Come siamo potuti arrivare così in basso da anestetizzare le coscienze? Abbiamo dato dosi massicce di moralismo che ormai l'unico gesto vero, dove cioè vi è una certa corrispondenza tra vita e parola, è quello di battersi il petto e proclamarsi peccatori ma non più come input a cambiare vita o almeno a desiderare un cambiamento bensì come scusa per un disimpegno ulteriore.
"I precetti del Signore fanno gioire il cuore" andava cantato, danzato, desiderato, preteso ed invece era stato trasformato in una nenia noiosa. Se avessi celebrato io quella messa, con quell'assemblea, forse avrei ripetuto quel salmo tante e tante volte sino al punto che almeno una sola persona, estenuata da tante bugie ripetute, alzandosi avesse potuto urlare "E BASTA".

sabato 26 settembre 2009


+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».


Parola del Signore
Ho una carissima amica che lavora presso un supermercato, esattamente al banco del pane e degli affettati freschi. Non si ritiene molto credente, o almeno non è di quelle credenti praticanti, per dirla con un linguaggio comprensibile a tutti. Tra i vari salumi e formaggi tiene sempre una bottiglia d'acqua in modo da mantenerla fresca ma non freddissima. Capita sempre nei miei giri di arrivare in quel supermercato alla fine delle varie commissioni della mattina (posta, banca, impegni vari) quando il sole si sente e con il sole anche la sete. Puntualmente, prima di fare la spesa, le chiedo un bicchiere d'acqua. Ciò che mi spinge a chiederlo è sempre la sete ma a lei dico sempre che mi sforzo di bere il suo bicchiere d'acqua per farle guadagnare il paradiso, citando le parole di Gesù del vangelo di oggi. Si sorride, sicuri che anche questi piccoli espedienti salvifici trovano posto nel cuore di Dio e magari gli strappano un sorriso. Non voglio banalizzare il vangelo ma è impressionante come la salvezza possa dipendere da un gesto così apparentemente piccolo ed insignificante. Spesso, figli di una cultura che ha perso di vista il valore della gratuità e del non profit, pensiamo che la salvezza possiamo guadagnarla a colpi di pratiche ascetiche al confine dell'umano, dimenticando che la salvezza è grazia, cioè gratis, puro dono, che si conquista restando pienamente umani, capaci cioè di accorgerci della sete del fratello e decidere di rispondere a quel bisogno. Una fede semplice e disarmante che non intruppa nè l'uomo ("non ci seguiva) nè Dio ("chi non è contro di noi..."). La saggezza popolare ha coniato l'espressione "perdersi in un bicchier d'acqua" volendo mettere in evidenza l'incapacità dell'uomo che cerca di far fronte a qualcosa che lo sorprende e lo destabilizza. La sapienza evangelica invece pensa che un bicchiere d'acqua non serve a perdersi ma addirittura a salvarsi.

mercoledì 23 settembre 2009

Articolo apparso sul n° 4 del quindicinale diocesano "Vola"

Siamo nel 597 a. C. e Nabucodonosor, re di Babilonia, fa compiere quella che sarà la prima deportazione del popolo di Israele. Undici anni più tardi, nel 586 a. C., vi sarà una seconda deportazione, più radicale e sanguinosa della precedente. Ovviamente da abile stratega ed ottimo politico, Nabucodonosor fa deportare in Babilonia le forze lavoro, uomini, giovani, classe colta, lasciando in Israele donne, vecchi e bambini, cioè tutti coloro che non potevano essere riciclati subito nel mondo del lavoro, tutti gli improduttivi, i pesi morti. Israele, privato delle sue braccia più valorose, cade in una grande depressione economica e sociale. Passato lo spaesamento delle
prime generazioni coloro che erano rimasti in Israele ricominciano a ricostruire il loro paese, la loro vita, la loro economia, forti anche di tutto ciò che era stato abbandonato dagli esuli. Contemporaneamente coloro che erano stati deportati a Babilonia cominciano a far valere le loro abilità in ogni campo, arrivando ad occupare anche posti importanti nel campo economico, militare e politico, tanto che alcuni esegeti arrivano a dire che poi non si stava tanto male sui fiumi di Babilonia.
Si creano così due popoli: il popolo della terra e il popolo dell’esilio. Due popoli che si allontaneranno sempre più, ognuno geloso delle possibilità che erano state date all’altro, dimenticando che comunque erano entrambi figli di quell’evento comune, l’esodo dall’Egitto ad opera di Dio, che li aveva resi liberi.
La storia, purtroppo, si ripete oggi a L’Aquila.
Il terremoto, nuovo nome di Nabucodonosor, ha costretto alcuni in esilio sulla costa e ha costretto altri alla precarietà delle tendopoli. Ma proprio dalla storia dobbiamo imparare a non ripetere gli stessi errori, guai ora a creare due popoli, aquilani contro aquilani.
Tutti dobbiamo capire che i fiumi di Babilonia su cui siamo stati deportati non sono né la costa né i campi con le tende, i veri fiumi dell’esilio sono quei luoghi in cui non sono più possibili quei rapporti che rendevano umana la nostra vita.
Chi è andato via non ha tradito e chi è rimasto non ne ha approfittato.
È ora di ricominciare a ricostruire la nostra città tenendo presenti le reali esigenze di chi comunque ci viveva senza dimenticare che anche i simboli hanno la loro importanza.
In fondo Israele diventerà di nuovo un solo popolo quando, grazie all’editto di Ciro, tutti, popolo della terra e popolo dell’esilio, riedificheranno a Gerusalemme il Nuovo Tempio.
Perché avere il Tempio vuol dire avere una ipotesi positiva da consegnare alle nuove generazioni,
ossia ai nostri figli.

domenica 20 settembre 2009

Di che cosa stavate discutendo per la strada?



+ Dal Vangelo secondo Marco


In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».


Parola del Signore
"Di che cosa stavate discutendo per la strada?" Immagino lo sguardo perso dei discepoli di fronte a questa domanda di Cristo. Sono stati sgamati con le mani nella marmellata, imbrattati da quel desiderio che rende i nostri gesti fuori controllo. Stavano discutendo di chi fosse il più grande in quel regno frutto unicamente della loro fantasia, come quel re descritto ne "Il piccolo principe", vestito di porpora ed ermellino, che esercitava il suo potere su tutte le stelle.
Purtroppo simili discussioni non sono ancora finite. Anche oggi tra i discepoli di Cristo vi sono coloro che perdono tempo a discutere e capire chi è il più grande, anche se spesso il tutto è coperto da una strana teoria circa il servizio. Allora non sono io il più grande, lungi da me questa pretesa, ma... sai...per obbedienza mi occupo di... e via titoli su titoli, responsabilità su responsabilità, capacità su capacità, competenze su competenze tanto da rendere i biglietti da visita di alcuni confratelli un compendio di tutti i titoli possibili ed immaginabili. E scopri che nel regno di Dio vi sono cappellani sovra e sottonumerari, monsignori monsignorini e monsignoroni, preti che sono anche arcipreti e arcipreti che sono pure arcidiaconi, e ancora suddiaconi risorti e protonotari apostolici e camerieri di S.S. (Sua Santità a scanso di equivoci). Davanti a questo sfoggio di mondaneità come non ringraziare il Signore che ha tenuto per se, nel numero del suo protocollo personale, l'unico titolo evangelico del quale ogni cristiano dovrebbe andare orgoglioso: BAMBINO. Un titolo che si conquista giorno dopo giorno, che non è dato una volta per tutte, che richiede un cuore capace di riconoscere la propria più intima natura, quella dell'essere stato voluto ed amato prima ed al di là di ogni merito. Il bambino è quel livello della natura dell'uomo nel quale la dipendenza dai genitori è evidente, è quel livello della vita che sa, per esperienza, che solo mettendo la sua mano in quella del padre sarà capace di camminare senza cadere e quindi testimonia che la verà libertà è nell'appartenenza a colui da cui la mia vita dipende.
Consenti Signore alla tua chiesa di nominare e destituire ma impediscile di arrogarsi il diritto di dare la nomina di Bambino a qualcuno dei tuoi figli, continua a tenere per te questo diritto perchè sappiamo che tu timbri questo decreto con il tuo abbraccio ed è questo quello di cui più abbiamo bisogno.

giovedì 10 settembre 2009

Bugie... mezze verità ed omissioni

Sempre più spesso mi fermano per strada delle persone per chiedermi se siamo ancora attendati o fuori dall'Aquila. Ogni volta mi rendo conto di come l'informazione riesce a dirottare la notizia secondo il proprio punto di vista o secondo il punto di vista del "padrone", sia questo di destra, di sinistra, di sopra o di sotto. Mi si guarda strano quando dico che a L'Aquila in casa non c'è ancora nessuno, che il centro storico non è riaperto proprio per nulla e che quelle tre strade riaperte portano verso il nulla, un po' come quella giostra degli specchi dove sbattevi continuamente la faccia alla ricerca di un'uscita, che gli universitari non hanno luoghi dove andare una volta iscritti all'università, che le scuole, a dieci giorni dal loro inizio, non hanno ancora una sede completata e così via. Ma forse quello che più impressiona non sono le mezze verità o le bugie ma appunto le omissioni. Sfido a trovare una notizia sugli organi di informazione: Zapatero tra le condizioni messe agli aiuti della Spagna per la ricostruzione c'è quella di non destinare nemmeno un euro per il recupero di chiese e altri luoghi legati alla fede cattolica. Mi chiedo come mai una notizia del genere non ha trovato spazio su alcun giornale ma è rimasta nella cerchia dei destinatari? Povero Zapatero se sapesse che il castello spagnolo che lui sta contribuendo a restaurare conserva al suo interno un enorme patrimonio di arte sacra... forse dirotterebbe ulteriormente i suoi contributi al recupero di qualcuno dei vecchi casini o alla costruzione ex-novo di una moderna casa per appuntamenti. Meno male che c'è Vendola con tutte le sue tonnellate d'uva pugliese destinata ai terremotati senza distinzione alcuna di razza, religione, colore e sesso. Sempre di laicità si tratta, l'una ottusa in cerca di nemici, l'altra aperta che vede nell'altro la possibilità del mio stesso esserci. Meditiamo.





sabato 5 settembre 2009

Domenica 6 settembre 2009

+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Parola del Signore

Povera L'Aquila, così zavorrata, capace di voli sempre più bassi.




Ho trascurato il blog per una full immersion nella realtà. Vengo fuori da una intensa settimana aquilana e ciò che mi porto dietro e dentro è una profonda tristezza. Questa volta però non è dettata dalle macerie, dal silenzio assordante della città, dalle depressione che si taglia e si staglia un po' ovunque: mi rende triste la devastazione che ho visto nelle persone. Si il terremoto sta colpendo proprio al cuore dell'uomo. Mi aveva provocato l'editoriale di don Claudio sul numero 3 del quindicinale diocesano "Vola" e mi sono messo alla ricerca di quei segni dei quali lui indicava l'esito. Purtroppo non ho dovuto ricercare molto. Il male e il peccato hanno una capacità di autorigenerarsi spaventosa.
Mi chiedo:
- quale perdonanza ha celebrato chi, avendo case sfitte, doppie, triple, quadruple, le sta rendendo inagibili smontando il bagno o l'impianto di riscaldamento o altro, per evitare di farsele requisire dal Comune o dalla Protezione Civile per i bisogni di coloro che vivono la difficile situazione delle tende o dell'esilio sulla costa?
- quale perdonanza ha celebrato chi, e sono tanti, ha attraversato la porta santa per la pura curiosità di vedere Collemaggio distrutta? Sono stato a lungo seduto vicino l'urna di san Pietro Celestino ed ho potuto ascoltare molte telefonate di questo tipo.
- quale perdonanza ha celebrato colui che, pur avendo la possibilità di non pesare sullo stato e quindi sulla società, ha tenuto ben chiuse le proprie case al mare facendosi ospitare dalla tendopoli più vicina?
- quale perdonanza ha celebrato colui che da sempre ha avuto la casa a ridosso della montagna e quindi da sempre in situazione di potenziale pericolo e che ora dopo il 6 aprile se la vede classificare F, ma F lo era anche il 5 e il 4 e via a ritroso sino al giorno in cui ha costruito, e che non ha perso neppure un bicchiere ed ora è in lista per entrare nel progetto C.A.S.E. prendendo il posto magari di chi, avendo meno punteggio ma non più casa, rischia di restarne al di fuori?
- quale perdonanza ha celebrato chi ha sparato e spara a zero su coloro che si sono trasferiti sulla costa o altrove, ritenendoli traditori dell'aquilanità. Chi ha tradito di più, mi chiedo, colui che si è fatto da parte per lasciare spazio a chi non aveva altra soluzione che la tenda o colui che è rimasto costringendo a gestire numeri esorbitanti di assisititi? I "fiumi di Babilonia" di biblica memoria non ci hanno insegnato proprio nulla.
- quale perdonanza ha celebrato quella famiglia seduta dietro di me a Collemaggio che di fronte alla proposta del bambino di casa di ritornare passando per il lago di Campotosto ha scelto di vedere "questa famosa Onna, così vediamo come è ridotta"? Avrei risposto a tono se il mio colletto da prete non mi avesse richiamato ad una maggiore sobrietà nel linguaggio, cosa che per natura non mi appartiene. In fondo, mi sono detto, non è colpa loro, hanno visto fare la stessa cosa dai grandi della terra e hanno scopiazzato come solo i poveri sanno fare.
Bene ha pensato allora san Pietro Celestino di farsi un giro fuori dall'Aquila, la Sua Perdonanza non è certo questa, forse voleva cambiare aria. Ma se anche i santi se ne vanno via allora veramente c'è da preoccuparsi per la nostra povera città, novella Pompei fatta di macerie e tracce d'affresco, quello pagano, il nostro falsamente religioso.
P.S. Chiedo scusa al mio vescovo, so che non condividerà la mia analisi, prego perchè la sua visione, fondamentalmente positiva sia quella giusta, e prego anche affinchè la mia lettura della realtà sia resa falsa dagli eventi futuri. Fa nulla che ci perdo la faccia.

domenica 23 agosto 2009

Volete andarvene anche voi?

Domenica 23 agosto 2009

+ Dal Vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

Parola del Signore

Abbiamo seguito con passione e con una certa curiosità l'evolversi, domenica dopo domenica di questo caldissimo agosto, del discorso di Gesù sul pane di vita, contenuto nel capitolo 6 del vangelo di Giovanni. Non noscondiamoci che lo abbiamo seguito anche con una certa noia, noi abituati al mordi e fuggi dei tempi televisivi, posti davanti a questo continuo ripetersi di immagini e verbi in Giovanni, ha messo a dura prova la nostra pazienza. Un mio confratello ha definito questo discorso una specie di soap opera, e se non fosse che il pensiero corre subito a Ridge o a Cento vetrine e per i più anziani a Veronica Castro (ve la ricordate in Anche i ricchi piangono?), il paragone sembra essere azzeccato.

Gesù sino a poco tempo prima era circondato da una grande folla, in fondo ci ha dato da mangiare e nel pacchetto vacanze era inclusa anche la piccola predichetta domenicale del maestro, lo sanno tutti quelli che vanno in gita con la parrocchia, all'improvviso dietro l'angolo, imprevisto, sfugge fuori una messa o un bel rosario con canto stonato alla Madonna.

Ma stavolta la predica si fa ascoltare, è efficace, raggiunge i cuori e li impegna ad una scelta. E' una predica, dopo la quale la vita cambia. Non sei più quello di prima. Devi dire un si o un no. Ma il dramma è che quel si e quel no non sono mai definitivi ma si giocano sempre nelle circostanze concrete della vita. Per questo la domanda di Gesù "volete andarvene anche voi?" percorre i secoli e ci raggiunge, perchè il cuore dell'uomo, oggi come duemila ani fa e come tra duemila anni, è sempre risposta ad un amore che ti chi-ama.

Possiamo resistere alla voce di questo amore accontentandoci di quel che ogni giorno passa il convento, oppure prendere sul serio il nostro desiderio e arrenderci all'evidenza che nessun altro all'infuori di Cristo è stato ed è capace di dire parole di vita eterna, ossia parole che danno un senso eterno alla vita, che superano e trasfigurano la contingenza del momento.

Prendendo sul serio, rispettando, la libertà dell'uomo, Cristo rischia di trovarsi davanti una platea di sedie vuote. Non vuole costringere l'uomo a se, ma pone l'uomo di fronte al suo se più intimo e profondo.

"Volete andarvene anche voi?"

"Signore dove andremo...?"

Tra queste due domande c'è tutto il dramma della libertà di Dio e della libertà dell'uomo. Cristo mendicante del cuore dell'uomo e il cuore dell'uomo mendicante di Cristo.




martedì 18 agosto 2009

Che ne facciamo di quel 27%? (Che ora sembra sia invece un 34%)

Il rischio di un sito parrocchiale è quello comune con i gruppi ecclesiali e il clero: chiudersi nelle sacrestie estraniandosi dal mondo circostante. Ma se qualcosa ci ha insegnato questo terremoto è l'evidenza che tutti siamo comunque politici, cioè tutti apparteniamo a quell'aggregato sociale, la polis appunto, che ci condiziona e che condizioniamo. La famosa livella di Decurtisiana memoria. Questo ci autorizza ad uscire dalle sacrestie virtuali, perchè quelle costruite ormai non esistono più, per scendere nell'aeropago della società. Ho già avuto modo di esprimere su Avvenire del giorno 8 agosto u.s., le mie perplessità circa i criteri di assegnazione delle nuove costruzioni, il famoso progetto C.A.S.E. Criteri proposti dal comune dell'Aquila e ai quali nessuno sembra obiettare. Il rischio è che si crei la corsa per accaparrarsi punti/bonus come nei supermercati. Il nonno dimenticato da molti anni all'ospizio diventa così un prezioso alleato nella raccolta punti. Lo studente ospite a casa altrettanto. Se poi ho la fortuna di avere dei minori o comunque ragazzi in età scolare allora bingo. Visti questi criteri di valutazione e guardando al tessuto sociale della parrocchia di cui sono parroco mi sono reso conto come solo il 10%, per essere larghi di manica, dei miei parrocchiani hanno la speranza di entrare in graduatoria, me compreso. Ma non parlo di me assolutamente, che pure ho nella mia famiglia, per quel che posso ricordare, 15 ultranovantenni, 10 non autosufficienti, 30 ultraottantenni, 50 ragazzi in età scolare, tra scuole elementari e medie (non conteggio i ragazzi della scuola superiore e gli universitari). Qualcuno si chiederà come un prete arrivi ad avere una tale famiglia allargata? No, non ho figli nascosti ne ho mai contratto pacs, dico ed altre forme del genere. E' solo che la parrocchia è la mia famiglia, non potrei viverla diversamente. Ripeto non cerco una soluzione per me, ho la promessa del centuplo fatta dal mio datore di lavoro, il quale a volte ha tempi più lunghi della politica, ma lo sapevo da sempre quindi non mi sento ingannato. Parlo a nome di quel 27% che stando ai modelli presentati, costituiscono una famiglia mononucleare e che, stando sempre ai dati emersi dal censimento, hanno un'età non proprio giovanile. Oltre al danno ora anche la beffa? Come ha potuto il sindaco cadere in una visione così poco lungimirante? Alba, Rosa, Maria, Antonietta, Virginia, Daniele, tutti i condomini dei palazzi di via XX settembre, vicino alla casa dello studente, realisticamente non rientreranno mai più nelle loro case... ma stando alla raccolta punti proposta dall'amministrazione mi viene il dubbio che non rientreranno nemmeno nelle case sostitutive. Ma in fondo cosa ci si poteva aspettare da assessori alle politiche abitative che, quando erano alla presidenza dell'ADSU (leggi gestione casa dello studente) non erano stati nemmeno avvisati della pericolosità della struttura? Può ben dire il dottor Sconci, da buon psichiatra e anche lui mio parrocchiano anche se ancora non ci eravamo presentati, che in questi quattro mesi di pazzia collettiva le istituzioni avevano come compito prioritario quello di dare certezza e fiducia ai cittadini. L'unica certezza, almeno per me, è che avendo perso ogni cosa più in basso di così non c'è che da scavare. La nostra fiducia è riposta al cielo affinchè conceda a lungo bel tempo ma non troppo bello onde avitare di vivere a giorni immersi in una sauna e non troppo brutto per eviater di viveri per giorni tenuti ibernati in attesa di essere scongelati in un momento più favorevole. Continuo a sostenere che ciò che è importante adesso è non scollare il tessuto sociale, favorire i rapporti tra le persone, rispettare i quartieri della città e fare il possibile perchè, come è nella realtà, ci siano nello stesso contesto bambini chiassosi e giocherelloni insieme ad anziani brontoloni per il chiasso e allo stesso tempo sapienti. E se Dio vorrà anche un prete ogni tanto a ricordare che Cristo ha salvato anche noi, nonostante tutto.